UNIVERSITARI: PROTESTA ANTI VQR VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA RICERCA (VQR)

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Nelle Università Italiane, negli ultimi mesi, si è sviluppata una vicenda che di per sé non sarebbe nulla di speciale, perché riguarda una protesta che, legittimamente, un nutrito numero di Docenti, esercitando un diritto garantito dalla Costituzione Italiana, ha messo in atto contro il Governo per il mancato riconoscimento giuridico del quadriennio lavorativo 2011-2014 (diventato per la sola docenza universitaria un quinquennio), durante il quale vi è stato il blocco delle retribuzioni della Pubblica Amministrazione, e per il mancato sblocco degli scatti stipendiali dal 2015. Tali mancati riconoscimenti, dei quali la categoria della docenza universitaria é l’unica destinataria nell’ambito della Pubblica Amministrazione, si traduce, nell’immediato, nel mancato adeguamento dello stipendio e, in prospettiva, in un notevole danno a fini pensionistici, ciò soprattutto per i giovani con minore anzianità di carriera (tali danni – secondo fonti accreditate – ammonterebbero a circa 90.000 Euro per un accademico di 55 anni). Va precisato in questo contesto che se si deve dare un contributo al Paese in crisi, è giusto che contribuiscano, in modo proporzionato ai propri redditi, tutti i cittadini; ma non si comprende perché nella Pubblica Amministrazione viene imposto un sacrificio agli Universitari, ma non ad altre categorie, per esempio quella dei Magistrati, per le quali sono stati riconosciuti i reintegri. Anche i ricorsi al Consiglio di Stato sono risultati in sentenze ancora una volta discriminatorie dei soli Accademici. Tutto ciò è evidentemente lesivo della loro dignità e del cruciale ruolo svolto nel Paese.

Spiego in modo sintetico la protesta anti-VQR in cosa consista. Le Università ricevono dal MIUR finanziamenti etichettati come FFO (Fondo Finanziamento Ordinario) una parte della quale, detta “quota premiale”, è erogata sulla base della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) di ogni singola Università. Sebbene ad essere valutate siano le Università ed i Dipartimenti, sono i docenti e i ricercatori che devono compilare su un’apposita piattaforma informatica delle schede con le informazioni relative alle proprie pubblicazioni scientifiche. Nelle Università, il movimento anti-VQR che si è rifiutato di procedere alla immissione dei dati nel sistema (ravvisando in tale astensione lo strumento di protesta più appropriato anche in quanto non lesivo degli interessi degli studenti e delle loro famiglie), ha raggiunto una consistenza variabile (con una media intorno al 20%). Nell’Università, il cui Rettore, Prof. Gaetano Manfredi, è anche il Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), nessun tentativo di dialogo con i docenti in protesta è stato esperito, al contrario, si è dato inizio ad una vera e propria caccia alle streghe di cui si sono fatti interpreti i Direttori dei Dipartimenti, con la falsa e ipocrita motivazione che tale protesta, alterando la quota di finanziamento erogata all’Ateneo, avrebbe danneggiato le strutture di appartenenza degli “agitati” a danno delle prospettive di ingresso e di carriera dei giovani. A partire da fine Novembre, quando è stata consegnata una prima lettera al Rettore con la quale 423 docenti lo avvertivano della intenzione di astenersi dalla procedura, il livello delle poco onorevoli pressioni, scatenatosi con poche eccezioni nei vari Dipartimenti, non ha fatto che accrescersi, confermando lo stato di degrado al quale si è arrivati nelle Università. In ciò portando una conferma a quanto già sostenevano due illustrissimi intellettuali quali Gaetano Salvemini nel 1908 e Benedetto Croce nel 1909, vale a dire che l’Università è essenzialmente una scuola di malavita per il messaggio culturale che viene veicolato ai giovani attraverso pratiche e “gestione” del potere che viene spesso del tutto sostituito a quella del sapere (come dovrebbe essere imperativo nella massima espressione culturale di un Paese).

A fronte di questa situazione, con un documento pubblico, mi ero rivolto al Rettore della Federico II e al Presidente della CRUI, chiedendogli una nota di chiarimento, distinguendo la sua posizione personale rispetto alle interpretazioni forse eccessive dei Direttori dei Dipartimenti che hanno condotto ad una drastica riduzione della percentuale degli “astensionisti”. Ebbene la risposta c’è stata sotto forma di una lettera personale spedita dal Rettore ai singoli residuali aderenti alla protesta, nella quale si comunica che con atto di imperio l’Ateneo provvederà ad inserire le pubblicazioni dei singoli docenti a meno che questi non diffidino formalmente l’Ateneo dal farlo. Il tutto accompagnato da una velata minaccia di diffida agli “agitati” anti-VQR per il presunto danno erariale che con la loro protesta avrebbero arrecato alla loro struttura di appartenenza. Ora, se l’inserimento, definito nella lettera “istituzionale”, fosse legittimo, non si capisce perché gli Atenei non abbiano operato in tal senso a monte della vicenda. D’altro canto richiedere ai docenti che intendono sottrarsi, una formale diffida, appare quanto meno bizzarro alla luce della enorme sproporzione tra le forze in gioco e della insussistenza giuridica dei paventati danni erariali (come argomentato da autorevoli esperti e studiosi). Nella sostanza, comunque, il Rettore ha confermato che i Direttori non avevano interpretato in modo eccessivo le sue direttive, in spregio a diritti sacrosanti garantiti dalla Costituzione, diritti che vanno di pari passo con quelli di chi, sempre legittimamente, ha deciso di non aderire alla protesta. Nel mio Dipartimento si è arrivato al punto che un professore, ex Direttore del Dipartimento, si sia sentito in dovere di ricordare agli “agitati” anti-VQR che devono gratitudine al loro datore di lavoro, alias la propria Università, per lo stipendio percepito. Insomma secondo siffatti personaggi bisogna cancellare quanto con un lungo, faticoso e secolare percorso si è ottenuto nel nostro Paese, e che i Padri Costituenti hanno sancito nella nostra Costituzione.

A monte di tutto va ribadito che il futuro dei giovani va garantito attraverso regole e comportamenti chiari e trasparenti, e non attraverso aberranti logiche clientelari. Se si deve ragionare del bene comune e dei danni che si determinerebbero per i giovani, vogliono i Rettori dare contezza ai docenti ed ai cittadini del modo in cui sono stati erogati ed impiegati fondi pubblici ai Centri di Competenza? Fondi di ben altra entità rispetto al presunto danno che ne deriverebbe per i giovani per i pochi fondi dell’FFO. Quale é il beneficio che è derivato per i giovani e la società nel suo complesso dall’esborso di tante risorse pubbliche? A quanto ammonta l’entità di tali finanziamenti? Si vuole fare finalmente una verifica scientifica, oltre che economica, ex-post di quanto prodotto da questi Centri? E perché i Rettori si accontentano di lottare per una torta che diviene sempre più piccola e non chiedono ragione al Governo dei finanziamenti erogati ad Enti di ricerca privati, tra tutti il miliardo e mezzo stanziato per la realizzazione dello Human Technopole affidato all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), un ente privato, la cui gestione, i cui criteri di reclutamento e di utilizzo dei fondi, e la cui produttività sono opachi – se non del tutto oscuri – e non sottoposti ad alcuno dei controlli cui sono sottoposte le Università.

Bisogna ergersi a paladini dell’interesse pubblico? Non si può che essere d’accordo su questo punto, ma facciamolo a 360 gradi. Non andiamo alla ricerca delle streghe, ricorrendo a pratiche che fanno poco onore ad una Istituzione Universitaria.

Attesa l’importanza di avere regole certe e sicure a garanzia di tutti ricordo che senza transparency, accountability and trust (L. M. Branscomb, Physics & Society, 2009) non c’è garanzia per il merito di nessuno, e quindi non c’è nemmeno democrazia. Senza questi parametri si apre solo un campo vasto fatto di nepotismi, favoritismi e altro, che rende di vibrante attualità quanto scritto da Salvemini e Croce più di 100 anni fa. Non è il nostro un Paese dove ci si dimette da cariche, retribuite o meno, che consentono di esercitare un qualche potere. Tuttavia penso che i Rettori e i Direttori dei Dipartimenti, nella vicenda anti-VQR, abbiano dimostrato tutta la scarsa considerazione nella quale tengono il merito, la democrazia e la dignità dei colleghi che manifestano un legittimo dissenso e la loro inadeguatezza a guidare Istituzioni che dovrebbero essere libere, pena la morte del pensiero.

Prof. Benedetto De Vivo. Università di Napoli Federico II e Adjunct Prof. Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA