SCIENZA E MUSICA DICONO “NO” ALLE TRIVELLE FACILI

L’11 Agosto a Roseto si è tenuto il “No Triv- Concerto” contro le prospezioni petrolifere che interesseranno più di 30.000 Km2 di Adriatico mettendo a rischio ambiente e turismo, cantanti e scienziati hanno alzato la voce.

 NO TRIVELLEScienza e musica si sono unite per dire no alle trivellazioni in Adriatico che mettono a rischio un mare fragilissimo e sacrificano al magro profitto dato da 22 milioni di tonnellate di petrolio che si stima siano presenti nei giacimenti in Adriatico (4 mesi dei consumi italiani), le bellezze naturali e un patrimonio ambientale di valore inestimabile. Contro questo attentato alla natura, l’11 Agosto a Roseto (Te) si è svolto l’evento “No Triv-Concerto per l’Adriatico”. Protagonista per la scienza Marco Santarelli, lo scienziato collaboratore storico di Margherita Hack che ha presentato brani dello spettacolo di divulgazione scientifica,“La scienza in valigia”, scritto con la grande astrofisica; ospite d’onore per la musica, il cantautore Eugenio Finardi che ha messo tutto il suo repertorio al servizio dell’ambiente.

Secondo Santarelli, esperto in Analisi delle reti e associato di ricerca per enti internazionali e direttore Ricerca&Sviluppo di Network, si è abbattuto sull’Italia un medioevo energetico a causa del decreto Sblocca Italia che apre alle “trivelle facili”, togliendo agli enti locali il potere di veto sulla ricerca di petrolio.

Lo scorso 3 giugno è stato adottato con prescrizioni, nonostante i pareri negativi di diverse regioni il decreto di compatibilità ambientale (VIA) per i progetti di prospezione per la ricerca di idrocarburi “d 1 B.P.-S.P. e “d 1 F.P.-S.P.” presentati dalla società Spectrum Geo. Le aree, sono localizzate nel Mare Adriatico centrale e Meridionale (Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia) ed hanno un’estensione di 14.128 Km2 e 16.169 Km2, pari a tre volte l’Abruzzo. Le attività di prospezione sono state fatte con la tecnica dell’air-gun, una tecnica questa che ha un alto impatto sull’ecosistema marino, gli spari continui di aria compressa possono infatti causare danni ai fondali, lesioni alla fauna, la perdita di orientamento che è causa dello spiaggiamento dei cetacei. A questi danni all’ambiente e al mare si aggiungeranno poi i danni al turismo, uno degli asset economici principali della costa adriatica.

Si evidenza a gran voce come in tutta Europa il futuro energetico sia invece verde e affidato alle rinnovabili. “L’Europa –afferma Santarelli- ha come obiettivo che entro il 2020, il 20% del fabbisogno energetico deve risultare da fonti rinnovabili.

L’Italia con il nuovo decreto va in controtendenza: entro il 2020 si vogliono realizzare ancora pozzi di petrolio”. Santarelli sostiene che l’Italia deve puntare invece sulla ottimizzazione, miglioramento delle reti esistenti, puntare sulla migliore distribuzione e centrare obiettivo della produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale produzione è cresciuta negli ultimi anni del 17% , creando nuovi posti di lavoro e non mettendo a rischio l’ambiente. “Invece – osserva- con una strategia di retroguardia, continuiamo ad investire oltre 12miliardi l’anno in giacimenti di idrocarburi, investimenti in nero invece che in verde”. Secondo le rilevazioni in Italia c’è una dorsale del petrolio e del gas che parte da Novara e poi si distende lungo l’Appennino fino in fondo alla Calabria e prosegue in Sicilia, mentre nel Mare Adriatico c’è una dorsale parallela offshore, da Chioggia al Gargano. E le regioni più a rischio trivelle sono Basilicata e Sicilia, seguite da Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria. “Ma – conclude Santarelli- le estrazioni di petrolio sono operazioni assai costose che oltre ad avere ripercussioni negative sull’ambiente, producono rifiuti pericolosi e creano scosse che possono generare anche attività sismiche. Per non parlare delle ricerche offshore che invadono l’ambiente, impattano in maniera significativa sui fondali e danneggiano la vegetazione marina e le alghe fondamentali nella catena alimentare delle specie marine”.

Secondo i grandi scienziati, poche materie prime, nella storia umana, hanno avuto altrettanta importanza quanto il petrolio che, entrato prepotentemente nella vita quotidiana di miliardi di persone, da poco più di un secolo, è diventato la merce prodotta e usata in maggiore quantità: circa quattro miliardi di tonnellate all’anno, alla pari con il carbone (come massa estratta), un pò meno della enorme massa delle pietre e dei materiali da costruzione, il doppio della massa dei cereali. Poche materie nella storia umana sono state altrettanto da una parte esaltate e desiderate per la loro utilità e dall’altra parte vituperate per i loro effetti ambientali negativi che si manifestano in diversissima forma nelle varie fasi dell’intero “ciclo del petrolio”. In realtà si dovrebbe parlare piuttosto di “ciclo dei petroli”, al plurale, perché “il” petrolio si presenta in natura con composizione, caratteri e qualità merceologica molto diversi, a seconda della storia geologica di ciascun giacimento da cui viene estratto. La prima fase del ciclo dei petroli consiste nella perforazione di pozzi, costituiti da lunghi tubi verticali muniti di trivelle, e nel pompaggio in superficie del materiale, spesso frammisto ad acqua salina e fanghi. Esauriti i pozzi dei giacimenti poco profondi, le società petrolifere cercano (con raffinate tecniche geofisiche) di individuare la presenza di altri giacimenti, sempre più profondi, e così proliferano i pozzi di estrazione e pompaggio, spesso in zone desertiche o sul fondo dei mari; il petrolio greggio viene poi trasportato dapprima ai depositi e poi alle stazioni o porti di partenza verso le raffinerie.

Già in questa prima fase si possono avere inquinamenti per perdite di petrolio in superficie o nel mare, o in seguito alle operazioni di separazione delle acque saline e dei fanghi. Talvolta i pozzi petroliferi sono interessati da incendi, da calamità naturali o da atti di guerra, con inquinamento atmosferico del suolo o dei mari.

L’evento No Triv-Concerto per l’Adriatico, è stato condotto da Santarelli e Pina Manente e organizzato dai comitati di base locale, dal Coordinamento nazionale No Triv, dall’Associazione Beni Comuni, dal circolo culturale di Roseto Chaikhana, Prof. Enzo Di Salvatore e la Provincia di Teramo in collaborazione con Marco Santarelli, direttore Istituto di ricerca, con il patrocinio del Comune di Roseto e degli altri comuni della costa, con l’adesione, con un videomessaggio trasmesso durante la manifestazione, di Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food.

Roma 28 Agosto 2015

Alexia Perazzi