Il Polo Museale del Lazio e la Fondazione Silvano Toti hanno presentato il 23 Maggio il restauro del soffitto e del fregio a fresco della Sala delle Fatiche di Ercole a Palazzo Venezia. L’intervento è stato curato per la parte scientifica da due funzionari del Polo Museale del Lazio, Sonia Martone e Paolo Castellani. Sonia Martone, Direttore di Palazzo Venezia, ha coordinato l’intera operazione e progettato il nuovo allestimento della sala; Paolo Castellani ha diretto il cantiere di restauro propriamente detto. I lavori sono stati interamente finanziati dalla Fondazione Silvano Toti attraverso una donazione liberale: essi rappresentano una dimostrazione dell’efficacia del rapporto fra pubblico e privato. L’intervento è stato materialmente eseguito da “L’Officina, Consorzio di restauro e conservazione opere d’arte”, nelle persone di Rita Ciardi e Isabella Righetti. Un progetto estremamente importante perché rappresenta uno dei primi veri e propri restauri scientifici a Palazzo Venezia: non solo un cantiere di restauro ma anche un cantiere di ricerca e studio che permetterà di conoscere la fase artistica del Palazzo, studiato fino ad ora principalmente dal punto di vista architettonico. Il restauro degli affreschi costituisce un tassello fondamentale per la ricostruzione della cultura artistica della Roma Quattrocentesca e dell’attività del Mantegna nella città eterna. La Sala delle Fatiche di Ercole si trova al piano nobile di Palazzo Venezia, nell’appartamento del fondatore dell’edificio, il cardinale veneziano Pietro Barbo, poi divenuto papa Paolo II (1464-1471). Essa era ufficialmente destinata alla custodia dei paramenti sacri del pontefice e perciò talora anche detta Sala dei Paramenti. Il fregio a fresco che ne decora la parte alta raffigura in trompe-l’œil una loggia a dodici arcate, quattro con fontane e amorini, le otto restanti con fatiche dell’eroe. Ecco dunque Ercole e il leone Nemeo, Ercole e Anteo, Ercole e i buoi di Gerione, Ercole e Gerione, Ercole e il drago Ladone, Ercole e la cerva di Cerinea, Ercole e gli uccelli di Stinfalo ed infine Ercole e il centauro Nesso. La matrice culturale dell’autore, ancora anonimo, va ricondotta all’Italia del nord, forse nell’ambito di Andrea Mantegna. Già in passato le decorazioni erano state oggetto di restauro, fra l’altro nella seconda metà del XIX secolo, nel 1928 e infine nel 1970. Tenendo presente questa complessa vicenda conservativa, il nuovo intervento ha dapprima rimosso il fisiologico deposito di sporco, le vecchie vernici superficiali – nel frattempo ingiallite – e le estese ridipinture dei fondi azzurri delle scene raffigurate entro la finta loggia, per poi passare al reintegro delle lacune, laddove naturalmente necessario e possibile. I lavori hanno determinato il recupero dell’equilibrio cromatico d’insieme, in precedenza gravemente compromesso; quel che più conta, hanno restituito l’idea del finto loggiato aperto, una delle idee-base del progetto decorativo d’origine, di evidente derivazione albertiana. Il Polo Museale del Lazio, istituito nel 2014 nell’ambito della recente riforma del MIBACT e attivo dal 9 Marzo del 2015 con la direzione di Edith Gabrielli, gestisce quarantatre luoghi della cultura statali di Roma e del Lazio – fra cui appunto il complesso di Palazzo Venezia – e coordina tutti i soggetti pubblici e privati impegnati nell’ambito dei beni culturali sul territorio regionale. Il rapporto con la Fondazione Silvano Toti e questo restauro in particolare sono in tal senso degni di nota. “L’intesa con la Fondazione Silvano Toti – spiega il Direttore Edith Gabrielli – sottolinea l’ormai raggiunta maturità del Polo Museale del Lazio e la sua connessa, effettiva capacità di ‘fare sistema’ con la società civile, ai fini di costituire un vero e proprio sistema museale integrato. D’altro canto, essa rappresenta un ulteriore passo in avanti in quel rilancio del Palazzo, per il quale fin dal 2015 è stato elaborato un piano museologico complessivo, d’intesa con l’architetto Sonia Martone, Direttore del Museo”. La Fondazione Silvano Toti promuove da anni la salvaguardia del patrimonio culturale, artistico e ambientale italiano. Il suo impegno nel sociale è costante nel tempo e sostiene la tutela dei diritti dell’uomo, con particolare attenzione alle categorie più svantaggiate. Tra le attività supportate dalla Fondazione Silvano Toti si ricordano la costruzione del “Silvano Toti – Globe Theatre”, il teatro elisabettiano di Villa Borghese poi donato alla città di Roma, e l’impegno a sostegno della Società Genextra, che opera nel campo della ricerca sulle malattie legate all’invecchiamento e sulla rigenerazione cellulare.
La realizzazione del Teatro Silvano Toti è stata resa possibile grazie alla omonima Fondazione, creata dalla famiglia Toti per onorare la memoria di Silvano Toti, mecenate ed imprenditore. In questo modo la Fondazione Silvano Toti ha voluto offrire il proprio contributo alla crescita culturale della città in cui la famiglia Toti è nata, anche imprenditorialmente, ed alla quale si sente legata e riconoscente, contribuendo in tal modo al processo di internazionalizzazione di Roma al pari delle grandi metropoli europee. Il rispetto dell’ambiente e delle zone ad alto valore storico è stato il principio guida nella progettazione e nella realizzazione del teatro, costruito con legno proveniente da foreste gestite e riforestate e inserito perfettamente nel contesto ambientale e culturale di Villa Borghese. Il Silvano Toti – Globe Theatre, dove sono riproposte, tra l’altro, le tragedie e le commedie elisabettiane, è uno spazio che, grazie alle particolari caratteristiche architettoniche ed all’essenzialità delle scene, permette un rapporto catartico con le opere del teatro rinascimentale inglese, nella suggestiva cornice di Villa Borghese. Il Teatro Silvano Toti non deve essere considerato una imitazione del Globe di Londra, ma un luogo nuovo, tutto italiano, dove vengono riproposte le tragedie e le commedie elisabettiane e non solo. Il teatro Silvano Toti ha 1.260 posti di capienza. La circonferenza esterna è di 100 metri; il tetto è rivestito con scandole di rame.
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Roma, 31 Maggio 2017
Alexia Perazzi