PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI NICOLA LOFOCO: “QUEL VELO SUL TUO VOLTO”.

MAG-QUEL VELO SUL TUO VOLTOLo scrittore e giornalista Nicola Lofoco, in collaborazione con le Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai), ha presentato il 17 Maggio a Roma, presso la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS) il suo libro “Quel velo sul tuo volto”. A sostenerlo con grande partecipazione Rappresentanti delle Istituzioni, delle Ambasciate straniere, esperti internazionali dei diversi settori, che hanno risposto con la forza della conoscenza, del dialogo e del confronto a quelle che restano delle questioni ancor “spinose” per l’Occidente, le Primavere Arabe, la crescita del terrorismo e l’uso del velo nella tradizione islamica.

Una cosa è parlare dell’identità, un’altra è parlare della libertà della donna. Ci sono donne arabe che portano il velo per ribadire la loro identità in maniera libera; ma non possiamo escludere che ve ne sono altre che possono essere sottomesse”: Lo ha sostenuto Foad Aodi, presidente di Comai e Focal Point per l’integrazione in Italia per Alleanza delle Civiltà (UNAoC). “La sola via per impedire qualsiasi interpretazione individuale dell’Islam – ha proseguito lanciando un appello – che lede alla libertà, e allo stesso tempo acuisce le strumentalizzazioni del mondo arabo e islamico, è quella di arrivare ad un accordo sulla libertà religiosa tra le Comunità Arabe e Musulmane Italiane e il Governo, favorendo così la convivenza pacifica, la sicurezza e la trasparenza economica”.

A seguito dei ringraziamenti rivolti a tutti i presenti dal Delegato d’Affari della Lega Araba in Italia Zouheir Zouairi, l’Ambasciatrice di Palestina in Italia, Sua Eccellenza Mai Al Kaila, ha approfondito la questione velo: “In Terra Santa il velo è largamente diffuso, non solo tra le donne arabe, ma anche tra le donne cristiane ed ebree, per rispetto, tradizione e cultura. Nessuno deve subire una sottomissione. Il velo è una libertà personale, non un atto religioso. Deve essere portato in modo libero e non deve essere associato al terrorismo con cui non ha niente a che vedere. Il mondo arabo soffre per questi pregiudizi”.

Da parte sua, Maria Amata Garito, Rettore dell’Università Telematica internazionale Uninettuno, è intervenuta citando la scrittrice Fatema Mernissi sulla liberazione della donna.

A conclusione, le testimonianze di numerosi ospiti di prestigio, tra i quali: Enrico Granara, Ministro plenipotenziario e Coordinatore per gli Affari Multilaterali del Mediterraneo e del Medio Oriente – M.A.E. Ministero per gli Affari Esteri, quella dell’On. Fabio Lavagno (PD); Maurizio Peggio, moderatore dell’evento e giornalista Rai; Natale Antonio Rossi, presidente FUIS; ing. Giuseppe Papaleo, presidente dello IASEM – Istituto Alti Studi Euro-Mediterranei; Dr. Ahmed Iraqui, Delegato in Terra Santa (AMSI) e Direttore di Al Rahma Medical Centre di Tira (Israele); Habiba Manaa, Coordinatrice Dipartimento Giovani e Seconde Generazioni (Comai); Fadi Mansour, Direttore del Giornale Online Altiira.com e Intisar Masri, Segretario Generale di Al Sadakah.

MAG-QUEL VELO SUL TUO VOLTO LocandinaEsistono diversi tipi di Velo usati tra le donne arabe. Ognuno di essi è fortemente legato all’area di appartenenza geografica della donna, ne riflette la cultura e l’aspetto puramente religioso. Il foulard che copre i capelli e il collo della donna viene chiamato genericamente hijab, lasciando scoperto il viso. Sebbene nel Corano la parola venga utilizzata in maniera generica, oggi è diffusa per indicare la copertura minima prevista dalla shari’a per l’uomo e soprattutto per la donna musulmana: il proprio capo (nascondendo fronte, orecchie, nuca e capelli), ma anche che indossi un vestito lungo e largo, in modo da celare le forme del corpo. E’ anche il più antico di tutti; la sua origine risale già al XII sec a.c., quando era in uso nella Mesopotamia assira.

Il più grande pregiudizio che la nostra cultura possiede verso la cultura islamica è ritenere il velo il simbolo, chiaro ed evidente, della sottomissione della donna all’uomo e della sua mancanza di diritti. È quasi inconcepibile, per noi, che questa donna possa avere libertà di scelta o che, in caso l’avesse, possa scegliere di sua spontanea volontà di indossare un indumento così “alienante” come l’hijab, se non a causa esclusiva del forte condizionamento sociale dovuto alla sua ignoranza. Questa è una realtà innegabile in molti Paesi arabi, ma non è l’unica realtà. Questo pregiudizio fondamentalmente impedisce la vera conoscenza di questo fenomeno.

Invitiamo i politici italiani a riflettere su certe affermazioni, prima di proferirle, che accrescono il pregiudizio e la xenofobia nei confronti degli arabi e dei musulmani”, questo il commento di Foad Aodi presidente delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) e Focal Point per l’Integrazione in Italia per l’Alleanza delle Civiltà (UNaOC), all’infelice battuta avanzata da Beppe Grillo nel corso del suo show a Padova sul neo sindaco di Londra Sadiq Khan.

“Incoraggiamo il sindaco di Londra – prosegue Aodi – a portare avanti il suo lavoro con fierezza, dimostrando che l’Europa e l’Italia sono pronte al cambiamento e a valorizzare leader politici che siano valutati per la loro professionalità, per la loro capacità effettiva di rappresentanza popolare, senza venire discriminati per via della loro origine o religione. D’altra parte, invitiamo i politici di origine straniera in Italia e all’estero a non strumentalizzare la religione islamica per i loro fini personali, tirando sempre in ballo l’Islam dentro e fuori le Istituzioni, anche quando risulti fuori luogo”.

Citando il recente convegno sul dialogo inter-religioso organizzato il 12 Maggio presso la Grand Moschea di Roma, Aodi riporta “uno dei tanti esempi di apertura che segnano l’affermazione delle “buone pratiche” dell’integrazione nel nostro Paese. Il dialogo e la conoscenza sono la nostra risposta alle strumentalizzazioni che offuscano la vera religione islamica, gli arabi e i musulmani”.

Diciamo no al velo del pregiudizio che travisa il senso della vera religione islamica e offusca l’immagine della donna araba. Ancor prima di emettere dei giudizi costruiti sulle sabbie mobili delle fobie, difendiamo la libertà di scelta, con un invito alla conoscenza delle diversità”, ha dichiarato ancora il presidente di Comai. “Credendo fermamente nella cooperazione tra i popoli, le culture e le religioni per contrastare la paura, il pregiudizio e il terrorismo – prosegue – invitiamo il Governo Italiano a collaborare con le Comunità arabe e musulmane, per un accordo sulla libertà di culto in Italia”.

All’interno del dibattito sempre aperto sull’uso del velo nella tradizione islamica, la letteratura diventa invito alla riflessione e al confronto, partendo dall’analisi dei diversi aspetti culturali, religiosi, storici e sociali che compongono la realtà vasta e complessa della donna araba e musulmana, nel cruciale passaggio delle primavere arabe. “I diritti e le condizioni delle donne musulmane: un tema molto spesso non compreso dagli occidentali”, afferma Nicola Lofoco.

La liberazione della donna è globale, vive nella forza della conoscenza, nella luce di un rinnovamento culturale laico che si riflette in una società globalizzata e interconnessa, ma anche nel rispetto delle tradizioni e delle diversità culturali. Le donne arabe e musulmane – aggiunge – come scrive la scrittrice e sociologa Fatema Mernissi, possono avventurarsi nella modernità con orgoglio, nella piena consapevolezza che l’aspirazione alla democrazia e ai diritti umani, alla partecipazione alla vita sociale e politica di un Paese, non è una prerogativa dell’Occidente, ma parte integrante dello sviluppo di ogni società civile”, è quanto ha affermato Maria Amata Garito.

Roma, 31 Maggio 2016

Alexia Perazzi