È POSSIBILE UNA RIFORMA RADICALE DELLA GOVERNANCE FISCALE EUROPEA?

Una urgente e necessaria riflessione sui caratteri e gli effetti del Fiscal Compact e dei connessi Patto di stabilità e crescita, Six pact e Two pact, ecc., affinché l’Italia definisca tempestivamente la propria strategia, sia riguardo alla futura governance economica dell’Unione europea e alle sue politiche, sia riguardo alle stesse politiche economiche interne, è stata oggetto della Conferenza tenutasi a Roma il 14 Marzo, presso l’Istituto Luigi Sturzo, ed indetta dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso, uno dei più prestigiosi centri internazionali di documentazione e ricerca, di formazione e promozione culturale sulla società contemporanea.

Com’è noto, l’art.16 del cosiddetto Fiscal Compact – il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’Unione economica e monetaria – prevede che entro cinque anni dalla sua entrata in vigore (1° Gennaio 2013) e quindi entro il corrente anno 2017, “sulla base di una valutazione dell’esperienza maturata in sede di attuazione, sono adottate in conformità del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea le misure necessarie per incorporare il contenuto del presente trattato nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea”.

E’ questo dunque il momento per una valutazione definitiva di questo Trattato e dei connessi Patto di stabilità e crescita. Questi non sono tempi ordinari per il futuro dell’Europa e dell’Euro. Due crisi si intrecciano: la prima è istituzionale e investe il disegno dei poteri e delle politiche pubbliche europee, la seconda investe la stessa governance economica. Mentre questo seminario era in fase di avanzata preparazione, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza, il 16 Febbraio 2017, tre risoluzioni convergenti che indicano possibili strategie per superare l’impasse che segna le due crisi prima evocate. Si tratta, forse, della prima risposta sistematica che le famiglie politiche presenti nel PE elaborano per disegnare una politica istituzionale e macro economica d’insieme per l’Eurozona e più in generale per l’Unione: apre una fase nuova densa di prospettive di lavoro che richiedono iniziativa politica e capacità tecnica per sostenere proposte adeguate che implementino gli spazi di novità che si intravvedono. La partita dell’integrazione europea in un certo senso potrebbe riprendere slancio.

Il seminario, organizzato dalle Fondazioni Basso e Ebert, parte dalla analisi, largamente condivisa, che il processo di convergenza macroeconomica non può fondarsi esclusivamente su strumenti e poteri che regolano, con gravi limiti, la politica di bilancio e l’equilibrio della moneta. Dopo il 2008 sono emerse e si sono acuite divergenze gravi che riguardano: a) la competitività, segnata da divergenze nominali crescenti; b) gli squilibri finanziari, privati e pubblici; c) la gestione della domanda interna.

Non mancheranno spunti di riflessione anche sulla BCE, i suoi obiettivi istituzionali e le misure straordinarie di politica monetaria. Dall’inizio della crisi, la BCE è intervenuta più volte a sostegno dei Paesi in difficoltà, determinando però distorsioni che, al di là del temporaneo sollievo prodotto dallo stimolo monetario, hanno penalizzato alcuni Paesi e favorito altri. Queste distorsioni si sono concretizzate attraverso effetti redistributivi di ricchezza dalla periferia verso il centro e agevolando la segregazione dei rischi all’interno dei confini nazionali.

Se le forze progressiste europee ritengono che il compito dell’Europa è civilizzare la globalizzazione in una prospettiva di democrazia e uguaglianza, questo è un momento di passaggio che richiede più analisi dei fatti, più teoria e più politica. E’ necessario chiarire a fondo il nucleo di valori che devono guidare questa fase, ricostruendo il senso della politica come categoria che conforma e orienta la pretesa falsa neutralità naturale delle forze economiche. Altrimenti, si potrà ancora dire che il Sovranismo è la risposta anti-illuminista e reazionaria alla crisi della politica democratica?

Al netto dei corposi adeguamenti comunque richiesti al nostro sistema paese, sul piano delle innovazioni di processo e di prodotto e del tessuto amministrativo, nel contesto di una politica fiscale di tono espansivo, il seminario ha cercato di mettere a fuoco possibili linee di evoluzione delle regole fiscali, a partire dal Fiscal compact e poi retroagendo sui regolamenti che hanno preparato il Trattato fiscale: linee coerenti con una prospettiva dichiarata di rilancio del progetto europeo fondato sulle potenzialità del Trattato di Lisbona. La prospettiva del “Non Euro” aprirebbe per l’Italia problemi molto gravi. Tuttavia il nodo resta il governo economico dell’Europa unita. Congelare gli investimenti nei vincoli di bilancio, oltre che analiticamente errato, appare come una operazione masochista. Dunque va rapidamente riconquistata a livello europeo una sorta di golden rule che dia corpo e sostanza ad un favor per gli investimenti, pure enunciato, anche se in modo retorico, nell’ordinamento europeo. Il tema degli investimenti e dei limiti del loro finanziamento via debito è un dato pratico, legato alla natura degli investimenti e alla loro capacità di auto finanziarsi. Assumendo una prospettiva evolutiva che appare realistica, si propone un percorso che parta da una previa raccolta e analisi sul campo degli effetti della applicazione del Fiscal Compact, attraverso una ampia consultazione promossa dalla Commissione, e prepari in modo adeguato un inserimento nell’ordinamento comunitario di un nuovo patto di bilancio, con un nuovo e razionale regolamento.

Questo inserimento potrebbe essere lo strumento normativo che riesamina, innova e riorganizza l’insieme delle norme che hanno sovrapposto e via via integrato le regole strutturali, a partire dal Six pact, per pervenire ad un nuovo punto di sintesi, che riconosca la necessità di sottrarre al vincolo numerico dell’equilibrio nominale e strutturale un’area ben determinata di spese per investimenti produttivi, idonea a funzionare come volano di politiche anticicliche a scala europea. La fase elettorale europea potrebbe essere occupata da questa ampia consultazione tecnica idonea a far emergere in modo obiettivo lo stato dei rapporti tra paesi e realtà economiche.

Se questo ciclo elettorale confermasse, come augurabile e possibile, la prevalenza di forze di progresso che intendono salvare il disegno democratico europeo, le linee evolutive pure presenti nelle tre risoluzioni evocate all’inizio risulterebbero fortemente rafforzate e tra queste quella che indica un chiaro superamento di regole fiscali “masochiste”: indicare un nuovo sentiero per le spese di investimento europee e per il loro finanziamento garantito dal bilancio comunitario appare come il percorso necessario per ridare senso e slancio ad una idea concreta di Unione che salvi il nucleo monetario già istituito con successo, mentre la governance delle regole fiscali si è rivelata un sostanziale insuccesso.

Il seminario è stato quindi l’occasione per offrire un luogo di ampia riflessione su questi temi, partendo dall’idea che senza un sostanziale rilancio della politiche di investimento pubblico, in Europa e in Italia, sarà molto difficile uscire dall’impasse delle due crisi prima evocate.

Roma, 31 Marzo 2017

Alexia Perazzi