POLITICHE FINANZIARIE, ECCO LE NUOVE RICETTE ANTI-CRISI CONSIDERAZIONI E PICCOLE PROPOSTE

Giuoco. Adesso la u non si mette più ma il concetto è restato sempre quello. La parola gioco, quando la udiamo, ci avvicina immediatamente principalmente ai ricordi lontani dell’infanzia o, per alcuni, alle carte appunto dette da gioco ma anche molto spesso ad alcuni sport. Già alcuni sport per citarne qualcuno ad esempio il gioco del calcio, quanti soldi ci sono…. la cui federazione si chiama proprio figc (federazione italiana giuoco calcio), il gioco del tennis ecc. ma non ad esempio il gioco del pugilato o quello dell’automobilismo o dell’atletica leggera che pur essendo sport assai praticati non costituiscono un gioco ma una riunione, una competizione, un meeting ecc. Vien da chiedersi di conseguenza allora perché, proprio di chi investe cifre anche assai considerevoli nel mercato dei titoli della borsa valori, si continui a dire che gioca cioè che gioca in borsa. Si pensa con difficoltà a squali della finanza capaci con la loro azione di porre in difficoltà la politica se non addirittura l’economia di interi paesi che stiano appunto giocando e poi che gioco è? Un poker, magari da gambler o morra cinese o addirittura zecchinetta o infine gioco al massacro? Che tipo di consistenza ha questa economia finanziaria nella quale si gioca? Su cosa effettivamente trova la sua concretezza potendo rapidamente generare fortune o causare notevolissima rovina? I controlli? Di chi? Qui custodiet custodies? Da chi sono formati gli organi statali di controllo sulla borsa valori? Quelli internazionali, ridicole e costosissime società di rating capaci di prendere topiche ciclopiche persino sulla valutazione delle banche che hanno in casa? Che fratelli erano quelli? Leman mi pare, ma tanto nessuno se ne ricorda più anche se ancora patiamo quei danni. Eppure i tanto importanti cosiddetti mercati si muovono tumultuosamente sulla base di informazioni dell’immediato ma è un’epoca nella quale si ascoltano molte e sempre più frequentemente, si scusi il termine, fregnacce, che poi vengono tradotte più elegantemente in inglese fake news, a proposito non si era detto che non essendo più la Gran Bretagna nella UE si doveva accantonare l’uso eccessivo della lingua inglese, ebbene questa economia finanziaria dell’immediato sprofonda molto al di sotto del concetto di gioco. Non vi è più nell’azione alcuna intelligenza, lungimiranza ma solo pura furberia quasi animalesca all’acchiappa e fuggi in cui vige unicamente la legge del più forte. A Genova i più forti erano i Francesi che obbligavano a trarre dal fango i propri cannoni i poveri passanti con maniere appunto da francesi fin che Balilla non tirò il sasso. Chi tirerà un nuovo sasso contro il poco condivisibile modo di coartare che certa finanza usa quando qualcuno non le si prostra subito devotamente? Certo noi avremmo problemi a farlo per via del famoso apocalittico debito pubblico del quale a malapena paghiamo gli interessi e che ad ogni piè sospinto ci viene rinfacciato. Certo i francesi storicamente (scritto volutamente minuscolo) avevano modi spicci per estinguere i loro debiti da Filippo il bello in poi, bastava screditare i creditori e poi, perché no,magari ucciderli e forse questa tattica la hanno applicata ancora pochi anni addietro. I tedeschi non furono da meno col gioco, questo si che è gioco, della frequente bancarotta imperiale gettando sul lastrico generazioni di personaggi precedentemente blanditi e poi spolpati. Meglio tacere sugli inglesi e gli spagnoli. Meglio anche tornare ai giorni nostri dovendo però osservare che questa economia finanziaria è ormai da anni la grande artefice anche del buon esito dell’emissione e dell’eventuale successivo commercio dei titoli emessi dagli stati per la continua necessità di danaro fresco a fronte di un interesse futuro più o meno lucroso (vedi spread) per i risparmiatori acquirenti. Anche qui c’è da ridire, come secondo DeAnrè e Villaggio faceva Carlo Martello tornando da Poitiers a proposito di certe tariffe impostegli, e si che c’è da ridire per via del famigerato sopracitato spread che è forse diventato il termine più usato quotidianamente da tutti assieme all’altro, seppur totalmente diverso, correlato termine Pil. Se ciò avviene è in larga misura causato da quelle aziende originate oltreoceano che dagli ultimi anni sessanta sono entrate anche da noi nella gestione dei risparmi delle famiglie (diciamo così) denominate Fondi di investimento. Comunque questo spread, vecchio termine usato in economia finanziaria, adesso lo si intende soltanto quale differenziale tra qualsivoglia certificato del debito pubblico rapportato a quello emesso dalla Germania poiché quello è ritenuto il più valido. Ma noi non dovremmo essere nella UE realizzata unicamente su base economica e nella quale, obtorto collo, siamo stati costretti ad entrare, in quanto paese fondatore, come scusa, ma, nella realtà potenziale forte concorrente se dotato di moneta autonoma? Dunque, noi stiamo nella UE, dove tutto è mediato tra gli aderenti. Ma allora lo spread non dovrebbe essere calcolato su una media di forza e affidabilità tra tutti i certificati emessi da tutti gli stati dell’unione anziché da quelli dello stato che, almeno per ora, si arroga il ruolo di dominante? Perché poi la Germania che tra gli abbuoni dei danni di guerra (che sono tanti), gli aiuti consistentissimi per la riunificazione post millenovecentoottantanove, l’impossessamento di tutto ciò che di buono poteva trarre dalla ex Cecoslovacchia, dalla ex Jugoslavia e ultimamente dalla povera Grecia ha ottenuto quanto molti altri stati potevano desiderare persino in piccola percentuale. Insomma qui si gioca si in borsa ma si gioca anche a far i furbi con regole da lupo e l’agnello. Ma allora cosa fare? E’ ovvio che così non va. Ginettaccio (Gino Bartali il grande campione di ciclismo e umanità) pronunzierebbe la sua famosa “l’è tutto sbaglià, l’è tutto da rifare” perché ci troviamo in presenza di equilibri incondivisibili per la maggioranza di chi osserva e valuta obbiettivamente. Ma allora chissà se un paese potrebbe per un congruo periodo di tempo chiedere un aspettativa cioè autosospendersi dai diritti\doveri imposti dalla UE per uscire riorganizzandosi, limitare i mercati ad operare unicamente sull’economia reale e con l’obbligo di possesso delle azioni acquistate per un tempo non inferiore a tre anni. Chissà se inoltre quel paese potrebbe sempre per un congruo periodo sospendere dal listino le aziende operanti unicamente sul piano della speculazione finanziaria? Chissà se così quest’economia finanziaria potrebbe finirla di divorarsi l’economia reale, quella vera, quella delle attività anche familiari che hanno salvato certi paesi dal crollo totale col sacrificio e la voglia di non mollare ma che adesso è stanca e delusa. Ma poi questi famigerati interessi generati da questo spread chi li determina? Come può essere giudicata la solvibilità e la conseguente facilità di poter onorare i propri debiti contratti. Vediamo un poco di cercare di ragionare con semplicità ricordando appena che è nei cavilli che si nasconde il male. Attualmente lo spread viene ancorato al prodotto interno lordo, il famoso Pil e quindi la capacità produttiva che attraverso la leva fiscale dovrebbe permettere la restituzione di capitale ed interessi salvo restante il normale andamento di tutto l’apparato necessario alla regolare funzionalità del sistema. E’ proprio quello che accade quando ognuno di noi, necessitandone, chiede un finanziamento. L’istituto di credito valuta se la retribuzione del richiedente sia sufficiente per il mantenimento suo e dell’eventuale nucleo familiare e poi far fronte all’impegno ulteriore che intende assumersi. Poi però si accorge sempre che c’è qualche problema per risolvere il quale occorre presentare ulteriori garanzie meglio se consistenti in valori di rapido realizzo traducibile nel concetto ti do danaro se hai valori per almeno il doppio di quello che ti do oltre ai proventi del tuo lavoro. Il problema è quindi la liquidità. Dunque, se questo è vero, il suddetto individuo in condizioni di illiquidità potrebbe avere in casa un Picasso chissà come giunto nel suo possesso e farlo presente all’istituto di credito, certamente otterrebbe seduta stante un considerevole prestito. Perchè? Perchè possiede un ingente bene rifugio al di sopra di qualsivoglia terremoto valutario o crisi bellica. Il nostro paese sta esattamente come lui. Quindi il debito pubblico è abbondantemente ben coperto ma qualcuno potrebbe osservare che bisognerebbe almeno iniziare a ridurlo. Perchè? Se è ben garantito e i titoli accettati volentieri dai finanziatori? Comunque con chi siamo indebitati se non con dei popoli i cui rappresentanti eletti hanno pensato bene di impiegare il danaro delle imposte versate nei sicuri titoli del debito pubblico del nostro paese. L’estinzione di un debito può essere effettuata anche senza la dazione di danaro ma con la cessione di beni o la fornitura di servizi. Benissimo iniziamo! Punto primo: Per i cittadini dei paesi x, y e z tutti i musei gratuiti per un tempo determinato a decurtazione di un determinato importo commisurato alle presenze nell’ultimo decennio. Punto due:Vacanze gratuite per i cittadini dei paesi x, y e z presso i locali abbandonati da ristrutturare delle colonie marine a fronte di considerevoli sgravi di quote del debito. Punto tre: treni e pullman gratuiti dal confine per i sopradetti cittadini. Se i creditori fossimo noi chi potrebbe offrirci questo bel pacchetto? Quanto vale? Moltissimo in termini economici e quindi di riduzione del debito che il povero Pil ancora non riesce nemmeno ad intaccare.

Guido Rossi Merighi