MEDICI DALL’ESTERO? DE LILLO (O.M.C.E.O.): “ERRORE DI PROGRAMMAZIONE, SISTEMA SANITARIO IN CRISI”

“Leggo con preoccupazione notizie relative alla necessità da parte di alcune amministrazioni di attingere a medici stranieri, alcuni dei quali esterni alla Comunità Europea”. Lo afferma alla Dire il vicepresidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma, Stefano De Lillo, commentando le decisioni della Asl di Taranto e della regione Calabria che hanno scelto di ricorrere all’estero per cercare nuovi medici. E così, se in Puglia i primi camici bianchi sono attesi dall’Albania, il governatore calabrese Roberto Occhiuto ha firmato un accordo con L’Avana per l’invio di 497 medici cubani da impiegare negli ospedali del proprio territorio.

De Lillo parla di una crisi di sistema che va avanti nel tempo a causa di errori di programmazione. “Non entro nel merito delle scelte politiche dei singoli amministratori – spiega – né voglio commentare il percorso autorizzativo di questi medici, tra l’altro specialisti, che mi sembra complicato, perché devono passare per un’autorizzazione ministeriale e successivamente per una iscrizione all’Ordine. Questi episodi certificano la crisi del sistema sanitario e della formazione dei medici: una soluzione non può più essere rimandata”. “È chiaro – continua il vicepresidente Omceo Roma – che se ci vediamo costretti ad attingere da professionalità di Paesi al di fuori dell’Unione Europea, un problema molto serio c’è e questo problema tenderà a crescere laddove andranno in pensione negli ultimi anni circa 30-40mila camici bianchi a fronte, quest’anno, di circa 14mila iscritti, non laureati, alla Facoltà”. De Lillo precisa poi che “non sono io a dover proporre il modo di riforma, ma è chiaro che il prossimo governo dovrà prendere in esame molto seriamente questa tematica e cercare di correggere questo errore certificato, sia nei numeri che nei modi. Perché ad oggi, se una giovane Rita Levi-Montalcini andasse a sostenere il test di Medicina, non avrebbe la certezza di accedere alla Facoltà perché magari sbaglierebbe, casualmente, uno dei 60 quiz. È evidente che si debba trovare un’altra forma”. “A fronte di questo concetto di crisi del sistema sanitario – dichiara inoltre – chiedo che il nuovo governo torni a rivedere i criteri di assegnazione dei fondi del Pnrr, che nascono da una pandemia, quindi da una emergenza sanitaria. Ci fa piacere che tali fondi vengano utilizzati in tanti settori, ma ricordiamoci cha la crisi nasce da una crisi sanitaria, da una pandemia del coronavirus, e che soprattutto in sanità questi fondi vanno spesi. Dobbiamo quindi usare tali fondi principalmente perché crisi di questo tipo non avvengano più, destinando questi fondi al capitale umano, ovvero ai medici, ai sanitari e agli operatori sanitari, avendo quindi più medici laureati, più medici specialisti, più medici formati in medicina generale, più medici assunti negli ospedali, soprattutto in quelle aree delle emergenze o delle specializzazioni molto carenti, più medici nei pronto soccorsi”. “Collegandomi alla notizia iniziale – ricorda inoltre De Lillo – è necessario recuperare quei medici italiani che si sono formati nel nostro Paese e che poi, una volta laureatisi o specializzatisi, sono dovuti andare all’estero per mancanza di lavoro o per avere una retribuzione adeguata. Prima di chiamare i medici cubani, prendiamo i medici italiani che sono andati a lavorare all’estero”. Per il vicepresidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma, “i fondi del Pnrr, che oggi sembrano essere esclusivamente utilizzati per una presunta riforma della medicina territoriale, che sembra destinare questi soldi più che altro agli immobili per le Case di Comunità, devono essere dunque dati ai medici del territorio e ai medici in generale, affinché si possa contrastare tale crisi, certificata da notizie di questa natura”. Secondo De Lillo, infine, “è necessario un piano di assunzioni straordinarie per gli ospedali, soprattutto partendo da quelle specialità delle emergenze ma in generale le specialità carenti, per recuperare gli anni ‘sciagurati’ del blocco del turnover, anni durante i quali i medici andavano in pensione e non venivano sostituiti all’interno dei nosocomi. Questo è il senso di come dobbiamo spendere i soldi, pochi, che abbiamo a disposizione”, conclude.

Redazione The Envoy