LONDON BRIDGE IS DOWN, E’ SCOMPARSA LA REGINA D’INGHILTERRA ELISABETTA II, E’ FINITA UN’ERA

“London Bridge is Down – il Ponte di Londra è caduto”, nome in codice per avvertire che il Re o la Regina, in questo caso Elisabetta II Windsor di Inghilterra, Scozia ed Irlanda del nord e di tutto il Commonwealth, vengono meno al loro viaggio terreno. Elisabetta non era soltanto una anziana regnante qualunque, come si potrebbe dire delle altre claudicanti monarchie europee, Elisabetta era un simbolo di un’era ormai scomparsa, il simbolo di quello che fu l’Impero Britannico, con Lei se ne va il ricordo sbiadito del più vasto impero della storia umana che sorgeva su tutti i cinque continenti del mondo, ma anche del più sanguinario, razzista, schiavista e predatorio degli imperi umani, che ha divorato le ricchezze di interi popoli e continenti.

Elisabetta II nasce a Londra il 21 aprile del 1926 come Elizabeth Alexandra Mary e muore a 96 anni in Scozia nel castello di Balmoral questo 8 settembre, è stata regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord e degli altri reami del Commonwealth, Antigua e Barbuda, Australia, Bahamas, Belize, Canada, Grenada, Giamaica, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Isole Salomone e Tuvalu, Isola di Man del Jersey e Guernsey e dei dominions autonomi quali Canada, Australia e Nuova Zelanda; detta anche la Regina del Mondo o regina dei pantoni (colori), con un patrimonio netto personale di 500 milioni di dollari totalmente detassato. Figlia maggiore del Duca di York, che in seguito diventerà re con il nome di Giorgio VI, lei diventò erede al trono nel 1936, quando suo zio Edoardo VIII abdicò al trono. Vive in pieno la II guerra mondiale e presta servizio nel Servizio Ausiliario come meccanico, nel 1947 sposa un cugino di terzo grado, di ascendenza greca, danese e tedesca (Hannover), il principe Filippo di Battenberg poi Mountbatten con il quale rimane per 73 anni ed ha avuto ben quattro figli: Carlo ex principe di Galles, ora suo successore come Re Carlo III, Anna, Andrea (oggi in posizione marginalizzata a causa di uno scandalo sessuale con delle minorenni) ed Edoardo.

Diventò regina alla morte del padre, il 6 febbraio 1952, quando aveva appena 25 anni, di fatto incoronata nel 1953 nell’Abbazia di Westminster come Elisabetta II, vede il tramonto definitivo dell’Impero Britannico raccogliendone solo le ceneri alla fine del secondo conflitto mondiale sostituito dal più surrettizio Commonwealth di cui era capo di stato, ha vissuto la perdita del dominio inglese su tutte le più importanti colonie africane ed asiatiche come l’India, avendo in origine come sudditi, circa 150 milioni di persone nel mondo, anche supremo capo della chiesa anglicana, altro lontano surrogato di quella cattolica, comandante in capo delle forze armate, ha nominato e visto passare ben 15 primi ministri ancor più numerosi sono stati i primi ministri e i governatori degli altri stati membri del Commonwealth e tanti Papi romani.

Il suo regno è durato 70 anni e 214 giorni, è stato il più lungo della storia britannica, avendo superato addirittura il record precedente detenuto della sua trisavola la Regina Vittoria, dietro solo al regno del Re Sole Luigi XIV di Francia.

Ma il grosso peso simbolico della figura di Elisabetta II nell’immaginario comune, l’attaccamento, quasi la devozione mistica da parte soprattutto degli inglesi-londinesi, ma non degli scozzesi e dei gallesi, i tantissimi messaggi di cordoglio giunti da tutte le più alte cariche mondiali, il grande prestigio della suo personaggio pubblico e privato non sono in grado di celare l’inoppugnabile verità storica che, per molti popoli del mondo e per tantissima gente, Elisabetta II non è assolutamente una figura positiva da celebrare. Se infatti si sposta l’attenzione da un’ottica puramente eurocentrica e si riescono a distinguere quella pluralità di voci critiche che dipingono un quadro molto più complesso e critico di quello che fu il trono della regina Elisabetta, di botto, la memoria storica annienta la visione romantica della quale è ammantato il potere della corona dei Windsor (ex Hannover) una famiglia che ha la responsabilità criminale del genocidio di centinaia di milioni di persone uccise e/o torturate ovunque nel mondo, che ha sterminato centinaia di popolazioni, depredato ricchezze altrui, saccheggiato e razziato ovunque l’impero sia andato, alimentato e gestito il commercio internazionale degli schiavi, come nel continente africano dove la corona ha regnato su oltre metà del territorio, tanto che oggi si può parlare di un vero e proprio “Olocausto Britannico”.

Tutti gli imperi umani sono stati violenti, e l’impero britannico non ha fatto eccezione, e proprio su questo si basava il dominio coloniale britannico che ha assoggettato tutti i popoli occupati con la forza e la violenza non certo con il consenso. Ri-analizzando tutto il retaggio derivante dalla occupazione coloniale imposto dagli inglesi è ancora vivissimo il ricordo delle popolazioni colonizzate che hanno vissuto l’altra faccia del dominio inglese, quello dei figli della violenza, della riduzione in schiavitù e della repressione sanguinaria del colonialismo british (lo spirito liberale), tutti elementi che hanno permesso all’Inghilterra di divenire una superpotenza mondiale fondata ideologicamente su un sistema razzista ispirato dai falsi principi del liberalismo più sfrenato che dava diritti solo ai ricchi per negarli ai poveri, a tal proposito occorre ricordare una delle famose quanto oscurate frasi di Winston Churchill sui colonizzati dell’India: “gli hindu sono una razza sudicia, protetta grazie alla sua continua riproduzione dal destino che merita”.

Al termine della Prima guerra mondiale, l’impero inglese deteneva infatti colonie in tutti i continenti, ad esclusione dell’Antartide – a quei tempi (tutto ‘800 e ‘900), una persona su cinque nel globo intero era suddito del regno inglese ed un quarto della superficie mondiale era quindi sotto il tallone della corona inglese. Da queste terre, assoggettate con la violenza, l’Inghilterra estraeva le risorse che ne permettevano l’arricchimento tanto che, secondo alcune stime, solamente dall’India sarebbero state estratte risorse per il valore di 45.000 miliardi di dollari. Nonostante la regina sia salita al trono nel 1952, cioè nel momento di totale disgregazione dell’impero britannico, anche a seguito dei vari movimenti indipendentisti sviluppatesi in tutte le ex colonie africane ed asiatiche, divenute poi repubbliche sovrane, regnando appunto per 70 ani come capo di un’istituzione costruita e vissuta sulla tradizione di una brutale eredità di disumanizzazione di milioni di persone nel mondo – in questo contesto geopolitico imperialista e schiavista – Elisabetta II, ha avuto una responsabilità personale diretta, non come spettatrice passiva ma come artefice, per i crimini commessi contro la vita degli indigeni.

Per molti attivisti delle ex colonie la memoria coloniale è un tratto inscindibile dal ruolo di questa regina, che non ha mai riconosciuto le atrocità commesse dall’impero, né si è scusata o ha offerto il pagamento di riparazioni ai popoli indigeni sterminati.

Oggi addirittura, in India, la morte di Elisabetta II ha scatenato, sui social indiani, una vivace campagna che chiede la restituzione del Koh-i-noor, uno dei diamanti più grandi al mondo, che campeggia al centro della corona del sovrano britannico, moltissimi Indiani convinti che la gemma, scoperta in India nel XIV secolo sia stata letteralmente “rubata” durante il regime coloniale sostengono e che sia giunto il momento di riportare la gemma in India e chiedono al governo di imporre la restituzione al governo di Londra del diamante, di 105 carati, il cui nome significa in persiano “montagna di luce” ma già da tempo al centro di una controversia politica e legale tra i due paesi.

Ma ancor peggio è che non si può dimenticare che la sua persona e le finanze della corona stessa, sono sempre state associate alle più famigerate figure di finanzieri senza scrupoli quali Soros, Rotschild, Warburg, Rockfeller etc.

A ben vedere la storia con gli occhi dei posteri, un destino paradossale ha travolto i protagonisti della seconda guerra mondiale passati alla storia come “alleati liberatori” che parteciparono al “processo di Norimberga” come accusatori, e che oggi, o sono scomparsi (l’Unione sovietica e l’Impero britannico) o sono in grave declino (gli Stati Uniti, la Francia).

Comunque siano andate le cose nell’era dell’uomo, di ieri e di oggi, e qualunque sia la direzione del viaggio terreno dell’umanità nel perenne torneo tra vincitori e vinti, vi è sempre una nemesi della storia che porta le cose umane ad avere, tutte, un inizio ed una fine, un ciclo naturale che un domani potrà riscattare la verità su ciò che è stato il bene o il male, assoluto o relativo, dei suoi protagonisti, sui quali gli storici, seri ed onesti, non dovrebbero mai dare giudizi morali.

Un giorno saremo veramente liberi di riconoscere chi erano i buoni ed i cattivi del racconto, ma non è ancora arrivato questo momento.

Marcello Grotta