Se non fosse per i dodici Super grandi club che hanno già aderito, quelli indecisi ad accettare l’accattivante invito, e soprattutto per il Super finanziatore(J. P. Morgan) che, senza colpo ferire, ha messo sul tavolo 3 miliardi e mezzo che vanno a rimpinguare casse societarie sull’orlo del fallimento, avremmo pensato ad un Super pesce d’ aprile in ritardo e soprattutto di cattivo, cattivissimo gusto.
Del resto, già il nome Superlega è molto eloquente, evocativo e dice tutto: il pallone è mio e decido io chi gioca.
Chi non è Super resta a casa, e senza ironia, questa volta non è quel ritornello ripetuto all’ infinito durante l’emergenza coronavirus.
Ma la domanda, a questo punto, sorgerebbe spontanea: Super in cosa visto che metà delle squadre che parteciperanno più che super vincenti sono super indebitate?
Perché in fondo molto semplicemente e banalmente, anche questa volta, è un problema di soldi, di debiti, di mancati incassi che il covid 19 ha ingigantito e reso insostenibile.
E pensare che la “povera” U.E.F.A. di Alexander Ceferin stava facendo di tutto per andare incontro alle urgentissime necessità dei grandi club con l’ unico modo possibile, a sua disposizione, per aggiungere interesse, pubblico, fondi, e sponsor per la Champions League, competizione che, nel bene e nel male, ci fa compagnia dal 1955: inserire nuove squadre in griglia ed arrivare a 32 partecipanti.
Un segno di democratico allargamento, di solidarietà, di fair play, di integrazione verso club giovani, virtuosi e meritevoli di scendere in campo e dimostrare il proprio valore contro squadre ben più blasonate ma non per questo invincibili.
Più partite, più spettacolo, più dollari.
Lo stesso sistema ideato e scelto negli Anni Settanta, d’allora potentissimo e visionario presidente Fifa, Joao Havelange, in collaborazione con Horst Dassler, figlio di Adolf fondatore di Adidas e precursore del marketing nel calcio.
Inclusione e non esclusione, questo era l’imperativo.
Grazie allo schema” Havelange-Dassler” per la prima volta parteciparono ai Mondiali squadre come Zaire, Haiti, Arabia Saudita solo per citare le più originali.
Altri uomini, altre teste, altre strategie, altre capacità…
Cosa succederà adesso sembrerebbe scontato:
si batteranno i pugni sui tavoli, si passerà alle dichiarazioni forti di radiazione, squalifica, eliminazione dalle competizioni nazionali ed internazionali per le società che aderiranno alla SuperLeague poi, a mente lucida, si troverà una scappatoia, un compromesso, un punto di incontro per salvare faccia e coppe.
Una previsione?
Si’ la SuperLega si farà, ma con questi presupposti, con tutti i governi nazionali contrari, e la totalità dei tifosi imbufaliti(eufemismo) avrà vita breve e in pochi anni verrà abolita come accadde al fenomeno americano dei campioni di basket “Globe Trotters” , divertenti è vero ma alla lunga tremendamente ripetitivi e noiosi.
In sintesi:più circo che sport.
Ecco, non vorremmo che la fine dei calciatori sia proprio questa: viziati e coccolati in una gabbia dorata nella quale, sgambettano, fintamente e pateticamente, solo per soldi e ripetendo lo stesso copione all’ infinito.
Sarebbe uno spettacolo da esemplari in via d’ estinzione, sarebbe la fine del gioco più bello del mondo.
Non possiamo, assolutamente, permetterlo…
Sabrina Trombetti