Si è svolto a Novembre a Roma, come è ormai tradizione da anni, il Convegno di Fine Anno organizzato da Itinerari Previdenziali presso la Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri, dove il quesito alla base del meeting è stato:“La ripresa che verrà: QE, inflazione e tassi d’interesse influenzeranno le politiche di investimento?”, ricco argomento di discussione che ha consentito di discutere ad ampio raggio sulle previsioni sui primi scenari geopolitici, economici e d’investimento a livello mondiale.
Nella prima parte della giornata sono stati presentati gli scenari internazionali e le conseguenti opportunità generate dalle diverse economie mondiali. In una situazione di bassi tassi di interesse, prezzi delle obbligazioni e dei Titoli di Stato al massimo e mercati azionari volatili, per i gestori dei patrimoni previdenziali diventa sempre più difficile mantenere i livelli di performance ottenuti negli ultimi dieci anni, nonostante i rendimenti obiettivo (PIL, TFR e inflazione) siamo ai minimi storici. Dall’incontro sono emerse quindi queste previsioni per i prossimi anni.
Da un lato, Antonio Bassanetti Senior Advisor del Fondo Monetario Internazionale, ha cercato di dare una risposta a questa domanda delineando il quadro economico globale. L’economia mondiale ha rallentato e sta rallentando in questi ultimi anni, ma le economie avanzate (Stati Uniti, Europa, Regno Unito, etc.) stanno riscontrando maggiori difficoltà rispetto a quelle emergenti che nel 2016 registrano un tasso di crescita in aumento dal 4 al 4,2%, seppure con tanta diversificazione al loro interno: se l’India si conferma la prima economia emergente, Russia e Brasile stanno invece uscendo dalla recessione, mentre la Cina sta decelerando la sua crescita e punta a raggiungere un nuovo equilibrio economico.
Secondo la posizione del FMI, in linea generale, le previsioni di crescita del PIL mondiale sono state riviste al ribasso, da cui possono riconoscersi alcuni fattori determinanti, sul lato dell’offerta, infatti, incidono la debolezza diffusa della produttività (non solo in Italia) e la tendenza demografica all’invecchiamento, mentre sul lato della domanda l’alto debito pubblico e privato, lo squilibrio nella distribuzione del reddito e della ricchezza e la bassa domanda; a questi fattori si aggiungono i riallineamenti in atto (ribilanciamento dell’economia cinese, aggiustamenti delle esportazioni delle materie prime, etc.) e alcune fonti di incertezza, come la Brexit, il flusso migratorio e il sentimento diffuso anti-globalizzazione.
“La risposta a questa situazione sono le riforme strutturali, non solo per i Paesi cosiddetti “di periferia” ma per tutti. Queste riforme hanno però dei costi e necessita di essere sostenute dalla politica monetaria, che tuttavia da sola non può bastare. È necessaria una politica fiscale attiva” ha sostenuto Bassanetti.
Mentre, il Capo della Divisione Financial Research della BCE, Simone Manganelli, ha spostato la riflessione sul piano finanziario cercando di rispondere alla domanda “Che effetti ha avuto e avrà il Quantitative Easing?”. Manganelli ha sottolineato che “a livello globale ci troviamo in una situazione di tassi di interesse negativi, ma non si dica che la politica monetaria della BCE ne sia la causa scatenante: se guardiamo all’Unione Europea i rendimenti dei Titoli di Stato a 10 anni registrano un trend di decrescita già dal 1990, dunque molto prima di quando è stato annunciato il QE”.
Secondo Manganelli le risposte sono da ricercare nel fatto che fattori come l’aumento del risparmio, causato dall’andamento demografico, dalla disuguaglianza economica e dalla situazione della Cina, e la riduzione degli investimenti, dovuta a minore innovazione e nuove tecnologie che richiedono sempre meno capitale fisico, hanno spostato verso il basso il tasso di equilibrio.
A tutto ciò si aggiungono le nuove variabili che incidono in maniera non trascurabile sulla situazione geopolitica mondiale analiticamente descritte da Gabriele Iacovino, Responsabile Analisi Ce.S.I Centro Studi Internazionali, gli effetti della Brexit, la vittoria di Trump e la sua politica estera e le future elezioni francesi sono tra i principali fattori di incertezza a livello mondiale da monitorare.
Per capire in che modo queste previsioni di scenario possono riversarsi sui portafogli degli investitori previdenziali, la parola è passata al Presidente dell’Autorità di Vigilanza Covip Mario Padula. Partendo dal presupposto che per capire il futuro è necessario analizzare il passato, Padula ha mostrato il mix di investimenti dei fondi pensione al 2010 e al 2015. “Poco è cambiato in questi ultimi 5 anni, la parte del leone la fanno sempre i Titoli di Stato e l’ordine di importanza degli asset è rimasto lo stesso. Si rilevano però delle differenze nell’esposizione delle diverse tipologie di fondi pensione: i preesistenti hanno quota considerevole di immobili che gli altri fondi non hanno, gli aperti hanno in portafoglio una percentuale inferiore di Titoli di Stato rispetto a quello dei negoziali, i PIP hanno ridotto la quota di titoli di capitale.”
Padula ha poi proseguito sostenendo che i portafogli dei fondi pensione sono rimasti stabili nel tempo, traguardo che spiega con la composizione di portafoglio presentata. “Ma se i rendimenti si abbassano occorre agire sui costi. Dalle evidenze empiriche risulta che all’aumentare del patrimonio del fondo i costi si riducono, è per questo che dobbiamo ragionare sulla dimensione efficiente di questi enti”.
Da ultimo, è stato sottolineato il minor peso delle attività domestiche nel portafoglio dei fondi pensione rispetto a quello delle Casse professionali, per le quali la parte del leone è ancora rappresentata dagli immobili (nonostante le significative riduzioni degli ultimi anni).
Nella seconda sessione dei lavori ha preso il via il dibattito politico sul tema degli investimenti in economia reale il “Question Time Previdenziale”.
L’On. Enrico Morando, Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha spiegato che l’art. 18 della nuova Legge di Stabilità prevede un’esenzione fiscale per gli enti di previdenza che investono fino al 5% del proprio attivo patrimoniale in azioni o quote di imprese che sostanzialmente si ricollegano all’economia reale. “Se il meccanismo funziona siamo disposti ad aumentare questa percentuale, ma non possiamo impegnarci per riportare la tassazione dei rendimenti all’11%” ha affermato Morando. Il Vice Ministro ha richiamato anche l’art. 23 della legge di bilancio 2017, il quale prevede che se il lavoratore comunica al datore di lavoro di voler spostare una quota del premio di produttività al fondo pensione, anche il contributo comporta il superamento del limite massimo per la deducibilità fiscale di 5.164 euro, quella stessa quota sarà comunque esente da tassazione.
Infine al tema della fiscalità si è collegato anche il Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, il quale ha proposto un plafond unico di deducibilità, ipotizzando un tetto massimo di 9.000 euro che i cittadini possono sfruttare in base alle proprie esigenze (previdenza complementare, sanità integrativa, etc.).
Roma, 30 Novembre 2016
Alexia Perazzi