Dicembre 2015 a Palazzo Corrodi, presso la sede della Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri Liberi Professionisti a Roma si è tenuto, per il nono anno consecutivo, l’appuntamento, oramai divenuto istituzionale, del Convegno di Fine Anno, organizzato da Itinerari Previdenziali, finalizzato a tracciare le prospettive di un quadro anticipato delle previsioni economiche per il 2016 e per i successivi anni, soffermandosi in particolare sul tema: “In uscita dalla crisi o a metà del guado?”.
Partendo dalle analisi del passato l’incontro ha analizzato lo stato attuale dell’economia nel suo complesso e nelle varie aree economiche planetarie, per cercare di dare risposte concrete e ravvicinate agli interrogativi più immediati ed impellenti e per capire concretamente se la più grande crisi economica dell’ultimo secolo può considerarsi passata oppure se la strada per un ritorno a una economia “normale” è ancora lunga, se per l’Italia sarà possibile o meno raggiungere di nuovo tassi di crescita del PIL reale di oltre l’1,5% nei prossimi 10 anni o quali potranno essere gli andamenti economici nelle principali aree mondiali, se il QE della BCE porterà davvero l’inflazione all’1,5%, e quale sarà l’andamento dei tassi di interesse su titoli di Stato e obbligazioni.
Alcuni spunti importanti possono essere tratti dalla Quinta Indagine annuale tra Casse privatizzate, Fondi Pensione Negoziali e Preesistenti su “Livelli di soddisfazione e prospettive su performance, investimenti, diversificazione dei patrimoni e rapporti con gestori e advisor” elaborata a cura del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali diretto dal Prof. Alberto Brambilla che si pone sempre l’obiettivo di evidenziare il sentiment, il grado di soddisfazione nelle gestione delle risorse nonché il tipo di rapporti e il livello di comunicazione tra Investitori Istituzionali Italiani e i soggetti che offrono servizi e prodotti per la gestione di questi grandi patrimoni destinati alle prestazioni sociali.
Nell’indagine 2015 è emerso che la maggior parte degli investitori istituzionali investe in “mandati di gestione” (30,8%) soprattutto obbligazionari; seguono i mandati bilanciati e azionari e gli investimenti in “fondi immobiliari” (14%, prevalentemente Casse Privatizzate). Seguono a pari punti i “fondi di private equity” e i “fondi o sicav azionari internazionali” (12%), a breve distanza i “fondi o sicav obbligazionari governativi, corporate o paesi emergenti” (11,2%). Se si guarda alle asset-class in cui gli investitori istituzionali vorrebbero investire in futuro la maggioranza dei consensi va ai “fondi immobiliari” (23,9%), ai “fondi di private equity” (22,4%) agli ETF; scarsa la propensione per i fondi hedge. Mentre, per la diversificazione degli investimenti del patrimonio, complessivamente il giudizio è positivo, rispetto al 2014; si riduce il numero di chi considera la diversificazione del patrimonio insufficiente e sufficiente (complessivamente il 35,7%) mentre aumenta al 42,85% chi ritiene di avere una “buona” diversificazione; per il secondo anno consecutivo il 4,8% la considera ottima. Diminuisce il numero delle non risposte.
I lavori del Convegno sono iniziati sotto la presidenza e con il prologo di apertura del Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali e del Centro Studi, divisi in varie sessioni tematiche.
Nella prima sessione, quella degli “Scenari economici – scenario italiano”, esponenti di vertice degli organismi internazionali, hanno presentato un’analisi di scenario generale, economica e geopolitica al fine di fornire un quadro di insieme sulle opportunità generate dalle diverse economie mondiali.
Quali conseguenze avrà nel futuro la crisi degli ultimi 10 anni? Come si muoveranno i Bric e i Paesi in via di sviluppo? Il programma 20/20/20 e il rinnovato protocollo di Kyoto quali effetti avranno sulle diverse economie e come si svilupperanno i consumi interni, la demografia e il welfare di questi Paesi? Quali i Paesi maggiormente attrattivi in termini di investimenti?
Tra i relatori Fausto Amadasi, Presidente CIPAG e molto interessanti le considerazioni di fine anno della COVIP sugli investimenti fatte dal Presidente f.f. COVIP Francesco Massicci.
Mentre sul tema degli scenari economici europei sono intervenuti i principali esperti del settore quali Marco Buti Direttore Generale Affari Economici Commissione Europea e Finanziari, Carlo Cottarelli Direttore Esecutivo Fondo Monetario Internazionale, Simone Manganelli Capo divisione Financial Research Banca Centrale Europea, Diego Valiante Responsabile Mercati e Istituzioni Finanziarie (CEPS).
Sulle prospettive di investimento invece hanno portato le loro esperienze Vito Gamberale Presidente Quercus Assets Selection, Marco Negri Responsabile Italia Legg Mason, Narcisa Sehovic Senior Investment Manager Alternatives Aberdeen e Robert J. Tomei Fondatore e Presidente Advanced Capital.
Nella seconda sessione sul tema: “Investimenti, politica e welfare – quale politica per il welfare integrativo?” Grazie alla presenza di esponenti politici quali l’On. Micaela Campana Responsabile Welfare e Terzo Settore Partito Democratico, il Sen. Maurizio Sacconi Presidente Commissione Lavoro del Senato, l’On. Lello Di Gioia Presidente Commissione Bicamerale Controllo Enti Previdenziali, si sono potuti conoscere gli orientamenti dei policy makers verso il welfare integrativo e complementare, permettendo di tenere aperto “un canale di comunicazione”, iniziato già lo scorso anno, tra la politica e gli attori di mercato e di capire se ci potranno essere agevolazioni nei confronti del welfare complementare oppure no. Inoltre prosegue anche per il 2015 il dibattito iniziato da Itinerari Previdenziali, alcuni anni fa, per un uso delle risorse accantonate da Fondi Pensioni, Casse Previdenziali, Enti e Casse sanitarie e Fondazioni bancarie, utile allo sviluppo del nostro Paese.
Per riassumere, le nuove tecnologie stanno già avendo un impatto dirompente su tutti i principali settori economici tradizionali, per di più, negli ultimi anni le abitudini dei consumatori stanno evolvendo radicalmente e le aziende saranno costrette ad adattarsi o a chiudere le loro attività.
Per il quadro delle previsioni sugli investimenti delle forme previdenziali nel nuovo scenario di riferimento è illuminante la relazione di Massicci presidente f.f. della Covip – Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione – per il quale i nuovi scenari di riferimento e le opportunità di investimento nel contesto attuale sono caratterizzati dai riflessi delle misure non convenzionali di politica monetaria adottate dalle Banche centrali; esse comprimono, fin quasi ad annullarli, i tassi di interesse sugli strumenti di mercato monetario e riducono le aspettative di guadagno sui portafogli obbligazionari.
Per le forme complementari, tradizionalmente orientate al reddito fisso, l’obiettivo di massimizzare i rendimenti netti entro rischi ‘accettabili’ rende necessario guardare a strumenti finanziari con un profilo di rischio più elevato, ma in prospettiva più redditizio, si ampliano quindi le opzioni e gli strumenti finanziari disponibili per l’investimento, anche gli investimenti cosiddetti alternativi (ad es. private equity) possono rappresentare uno strumento utile, puntando alla diversificazione e all’assunzione di rischi coerenti con la finalità previdenziale delle forme pensionistiche.
Per i nuovi scenari di riferimento tuttavia, il processo di attuazione della politica di investimento è in questi casi più complesso e articolato, richiedendo alle strutture di governo delle forme pensionistiche adeguate, competenze e professionalità, per la delicatezza dei compiti in fase di selezione e monitoraggio degli investimenti. Il miglioramento degli assetti organizzativi è funzionale non solo all’adozione di politiche di investimento più rispondenti al mutato contesto di riferimento, ma anche alla capacità di operare a costi contenuti, puntando all’efficienza. In tale prospettiva, ben si inserisce la ricerca di dimensioni adeguate.
A fine 2014, le forme complementari sono 496; i fondi con più di 100.000 iscritti sono 11 e raccolgono quasi il 50 per cento delle adesioni complessive; quelli con meno di 1.000 iscritti sono 268, prevalentemente fondi preesistenti, e raccolgono complessivamente solo l’1% del totale degli iscritti.
Guardando ai dati complessivi (fondi e casse), su 165 miliardi di euro di impieghi, circa 42 miliardi sono investititi in titoli di emittenti domestici, di cui 37 miliardi formati da titoli di Stato; alle imprese italiane vanno nell’insieme 5,6 miliardi di euro, lo 0,2% circa delle loro passività finanziarie, così suddivisi: 3,1 miliardi sotto forma di strumenti obbligazionari e 2,5 miliardi di strumenti azionari; l’investimento immobiliare, circa 23 miliardi di euro per quasi la totalità localizzati in Italia, è in larga parte concentrato presso le casse private e privatizzate.
Per i fondi pensione, che non hanno ancora raggiunto lo stadio di maturità, l’aumento degli investimenti negli strumenti finanziari emessi dalle imprese italiane ritrova possibili margini di espansione nei flussi di cassa positivi generati dalla gestione previdenziale. Tra le cause che finora hanno ostacolato tali investimenti nei fondi pensione vi sono: a) la replica di benchmark di mercato diversificati su scala internazionale nei quali il peso dell’Italia è marginale; b) le difficoltà di valorizzazione e liquidabilità degli strumenti non quotati; c) l’avversione al rischio dei C.d.A. e la durata dei mandati di gestione incoerente rispetto all’orizzonte temporale delle linee di investimento.
Per le Casse, che invece hanno già raggiunto lo stadio di maturità essendo a regime la fase di erogazione delle prestazioni, i margini per aumentare gli investimenti nell’economia reale sono inferiori; oltre ai vincoli di natura regolamentare, per alcune di esse si pone il problema di disinvestire quote del portafoglio meno liquido per poter far fronte alle esigenze derivanti dal pagamento delle prestazioni.
Alla disponibilità di chi è pronto all’investimento (le forme previdenziali) deve associarsi l’offerta di idonei strumenti finanziari (fondi di private equity; obbligazioni emesse da piccole imprese, cosiddetti minibonds; fondi di debito, cosiddetti credit funds, project bonds e altro ancora), tali strumenti, oltre alla conformità alla normativa vigente, devono essere adeguati alle esigenze dei fondi pensione per: trasparenza, regolarità dei flussi informativi, criteri e frequenza di valorizzazione, possibilità di smobilizzo, diversificazione degli emittenti, standardizzazione dei prodotti e dei costi, adozione di diverse iniziative, anche legislative, per favorire la creazione di strumenti e veicoli ad hoc (minibonds, fondi di private equity, fondi di debito o credit funds e altro ancora). Tuttavia, la gamma degli strumenti disponibili per l’investimento appare oggi ancora ristretta e non pienamente adeguata rispetto alle esigenze delle forme previdenziali.
La Legge di Stabilità 2015 ha previsto un credito di imposta condizionato all’investimento di tutto o parte del risultato di gestione in attività di carattere finanziario a medio-lungo termine individuate con decreto MEF; lo stanziamento complessivo di 80 mln di euro decorre dal 2016 ed è da ripartire tra fondi e casse. Resta da valutare l’effetto che tale disposizione potrà generare in termini di volume di investimenti attivabili; tuttavia è un segnale che va nella direzione di creare condizioni più favorevoli all’investimento nell’economia reale italiana da parte delle forme previdenziali.
Gli interventi normativi sugli investimenti, in particolare sulle Forme Pensionistiche Complementari ex DM Economia 166/2014 (che ha sostituito il DM Tesoro 703/1996) si applica ai fondi pensione (con alcune deroghe riguardo ai fondi preesistenti), i quali dovranno adeguarsi entro maggio 2016. La normativa tiene conto degli ulteriori limiti previsti dal Decreto lgs. 252/2005 e delle norme di derivazione comunitaria.
Gli interventi normativi sugli investimenti dei Fondi pensione necessitano di alcuni elementi essenziali; gli investimenti devono conformarsi ai generali criteri di: sana e prudente gestione, ottimizzazione della combinazione redditività-rischio del portafoglio, diversificazione, efficiente gestione; a tali criteri generali, sono affiancati alcuni limiti quantitativi che si riferiscono, in particolare, a: OICR alternativi, strumenti non negoziati su mercati regolamentati, strumenti finanziari connessi con merci, esposizione in valuta, Criterio di proporzionalità fra l’adeguatezza della struttura organizzativa e la dimensione, la complessità e le caratteristiche del portafoglio, la modalità di gestione (diretta/indiretta) adottata, la percentuale di strumenti finanziari non quotati su mercati regolamentati. In linea generale è affermata l’importanza delle Disposizioni COVIP 2012 che hanno previsto la predisposizione dell’apposito Documento sulla politica di investimento e l’obbligo di formulare per iscritto un’efficace politica di gestione dei conflitti di interesse, adeguata alle dimensioni e alla complessità della propria attività, e l’obbligo di un depositario.
Lo schema di Regolamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze in materia di investimento delle risorse finanziarie, gestione e prevenzione dei conflitti di interessi e disciplina del depositario degli enti previdenziali privati e privatizzati a esito della consultazione è stato trasmesso al Consiglio di Stato per il parere, la procedura è tuttora in corso di completamento.
Roma, 30 Dicembre 2015
Marcello Grotta