Le nuove sfide 2.0 per gli Enti di promozione sportiva del nostro Paese: ne parliamo con l’on. Bruno Molea, Presidente dell’Aics (900 mila tesserati), e Presidente mondiale della Csit, la Confederazione internazionale dello sport amatoriale.
Presidente Molea, ha appena costituito il primo Osservatorio permanente sugli Enti di promozione sportiva. Di che cosa si tratta e quali sono gli obiettivi?
Aics, l’Ente di promozione sportiva e sociale che presiedo, ha promosso la nascita dell’Osservatorio assieme ad Acsi, Asi, Csene Csi. Si tratta del primo Centro studi permanente che avrà il compito di analizzare e tradurre in numeri i benefici della promozione sportiva, a partire dal proprio impatto sociale ed economico. Ha l’obiettivo di valorizzare lo sviluppo e l’importanza della promozione sportiva in Italia sulla base di dati oggettivi e certificati, di sensibilizzare sulla dignità sociale e politica degli Enti che fanno promozione sportiva, di confermare il ruolo di questi Enti come costruttori di welfare e socialità diffusa. Lo faremo avvalendoci degli esperti dell’SG Plus Ghiretti&Partners, che si avvarranno di partner importanti come il Master Internazionale in Strategia e Pianificazione degli Eventi e degli Impianti Sportivi dell’Università di Parma, il Centro di ricerche sullo Sport dell’Università di Parma, il Centro studi e osservatori statistici per lo sport del Coni.
Che tipo di sinergia prevede con i sindaci di tutto il Paese?
L’Osservatorio è sostenuto anche dall’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni Italiani. Da tempo, sui territori, il rapporto tra Enti di promozione sportiva e amministrazioni locali è costante, questo proprio per il tipo di lavoro che la promozione sportiva sottintende nei servizi alle fasce sociali più deboli, quindi bambini, anziani, persone a rischio emarginazione. Ma ancor di più oggi le analisi dell’Osservatorio andranno a concorrere, con i territori, nella pianificazione delle Politiche sociali e dei servizi alla persona
La mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di Russia impone una riflessione: di che cosa ha bisogno oggi il calcio per ripartire e ritornare ad essere competitivo secondo lei?
Di una riforma dell’intero sistema, a cominciare dal settore giovanile del calcio. Credo che le dimissioni di Tavecchio fossero ormai dovute, ma i mali del calcio esistevano prima di lui e vanno azzerati. Parlo dello strapotere dei club, della necessità di investire nel mondo calcistico giovanile, dello stop alla speculazione sugli stranieri che prepariamo come macchine da guerra e poi rimandiamo a giocare nelle proprie Nazionali fuori Italia. L’ho già detto in altre occasioni: siamo diventati la migliore scuola calcio conto terzi perché si guarda al profitto immediato e si perde di vista il futuro, oltre che il valore socio-economico dell’educazione sportiva. Ripensiamo il calcio partendo dai giovani
Il Cio ha da poco introdotto i videogame all’interno dei giochi olimpici: come sarà lo sport del futuro?
Guardi, se parliamo di sport, io sono un po scettico: lo dico da sportivo e da uomo che ha fatto della promozione sportiva sul territorio una missione. Non è un mistero che preferisca lo sport di base, quello che fa muovere tutti, dai bambini agli anziani, che comincia come un gioco e finisce per creare condivisione, benessere psico-sociale, ma anche tanto benessere fisico. E’ calcolato che un aumento dell’attività sportiva possa portare un beneficio in termini di risparmio sui costi sanitari per oltre due miliardi di Euro. Ma noi parliamo dello sport inteso come attività fisica. In quel caso, si parla invece di competizione e il ragionamento sull’inserimento dei videogame tra i Giochi olimpici è completamente diverso. Se parliamo di sport come strumento di welfare, l’unico possibile è quello che continuiamo a promuovere noi, quello per tutti: lo sport del futuro dovrà continuare a essere questo, semmai mi aspetto per il futuro che sia garantito il diritto allo sport per tutti, con una riforma del sistema che dia alla promozione sportiva i giusti riconoscimenti.
Sabrina Trombetti