IMPRESSIONISMO, LA PITTURA SI ARRICCHISCE CON I MAESTRI DELLA RICERCA, DELL’INNOVAZIONE E DEL COLORE

Era il 15 aprile del 1874. A Parigi, nei locali del vecchio studio fotografico al numero 35 di Boulevard des Capucinés, veniva inaugurata la prima mostra collettiva di una corrente artistica emergente, molto colorata ed altamente innovativa per quel secolo: erano i primi passi del movimento impressionista. Trenta gli artisti partecipanti tra cui: Degàs, Pissarro, Renoir, Monét, Sisley, Morisòt, Guillaumin e Cézanne. Ricordiamo che il periodo storico appena trascorso è quello di una Europa caratterizzata da disordini e guerre nel tentativo di garantire agli Stati i principi di indipendenza e unità delineati nel secolo precedente dalla corrente illuminista: anche il linguaggio artistico si fa nuovo e provocatorio al fine di rompere con le rigidità preesistenti della scuola Accademica legata al neoclassicismo e alle linee pulite, in favore di una maggiore libertà di espressione tecnica e figurativa.

Ma quali furono i punti di riferimento e le influenze a cui il movimento fu sottoposto? Il Romanticismo, fiorito alla fine del diciottesimo secolo, attrasse notevolmente i futuri impressionisti con i suoi paesaggi naturali, i suoi colori intensi e, soprattutto, la scoperta del “principio della soggettività”.

La scuola di Barbizon, sviluppatasi nella prima metà dell’ottocento, invece indirizzava verso l’osservazione attenta di aria, spazio, luce. Ed uno dei suoi fondatori, Charles Francois Daubiguy, fu considerato il precursore della pittura “en plain air”, importante peculiarità degli artisti del movimento impressionista. Il cosiddetto Realismo del 1848 pose l’accento sulla posizione delle classi popolari, sulla nascente industrializzazione e sulle lotte proletarie. Gustave Courbet, per esempio, spezzò le catene della pittura accademica superando la rappresentazione di soggetti storici e religiosi, introducendo il verismo a volte aspro e nudo della gente comune.

L’Arte inglese del primo ottocento li spronò ad imitare la pennellata rapida e i notevoli effetti luminosi del paesaggista John Constable. Grande influenza sugli impressionisti ebbero anche Camille Coròt ed Eugene Boudin: il primo riuscì con le sue pennellate a rendere palpabile l’atmosfera; il secondo, con sapienti tocchi di colore puro, seppe riprodurre gli effetti della luce solare, la luminosità del cielo, il luccichio del mare. Ma gli impressionisti, molto sensibili alle vibrazioni di altri movimenti, seppero apprendere umilmente nuove nozioni artistiche anche dalle opere giapponesi, dilaganti in quel periodo a Parigi: Kuniteru, Hiroshige, Sadahide erano soliti rappresentare scene di vita quotidiana, ma da punti di osservazione rialzati, con immagini composte in vario modo, assemblando tanti colori vivaci nello stesso dipinto, idea che suggerì a Claude Monét la realizzazione de “La Grenouillère” del 1869.

Intanto, in Italia dal 1854 al 1856 Serafino Tivoli, reduce da un viaggio a Parigi, portò con sé i primi tentativi di una nuova linea artistica che diede, poi, il nome al movimento dei “Macchiaioli”. Tale corrente, ricca di colore e caratterizzata da linee morbide, quasi “macchie” di colore non più generate dal disegno accademico, resta una pittura “semplice”, pertanto non acculturata. I suoi artefici, infatti, non riuscirono mai ad evolvere in veri impressionisti mancando, purtroppo, l’appoggio del pensiero innovativo dell’Illuminismo.

La tecnica impressionista, invece, si basò sulla percezione delle realtà e non sull’espressione del suo concetto; l’occhio coglieva le macchie luminose dai diversi colori a seconda della lunghezza d’onda che colpiva il nervo ottico e ciò veniva restituito “intuitivamente” sulla tela. I colori erano sorprendentemente forti, brillanti, posati, puri ed a piccole pennellate. Il soggetto era all’aperto ed illuminato dalla luce solare (pittura “en plain air”).

E’ questo anche il tempo della divulgazione delle macchine fotografiche per pubblicizzare l’originale o come immagine modello per i quadri. Ricordiamo per tutti Degàs con le sue lavandaie e stiratrici.

Fermento, innovazione e ricerca, dunque. Le nuove acquisizioni della scienza e della tecnica del ‘700 influirono oltremodo sulla scelta della tavolozza: alcuni trattati sui colori divennero testi chiave in campo artistico ed aiutarono lo sviluppo della teoria impressionistica del colore. In sintesi segnaliamo:

  • l’uso di tutti i colori senza mescolanze;
  • la diversificazione tra colore localizzato e colore della luce;
  • l’accostamento di piccole pennellate di colori diversi allo stato puro che si mescolavano nell’occhio di chi li osservava a debita distanza.

I progressi industriali nella ricerca delle colorazioni portarono alla creazione dei pigmenti inorganici: il bleu Cobalto e di Prussia, il cremisi Alizornia, il verde Veronese con la sua brillante trasparenza mai raggiunta prima. Le confezioni divennero più pratiche, nacquero i primi tubetti che, non permettendo più l’alterazione del colore, favorirono la concretizzazione della pittura “en plain air”. Le pennellate divennero più vigorose grazie all’avvento delle boccole metalliche necessarie, ormai, per tenere assieme le setole al posto dello spago. Cambiò la cognizione del tempo: apparsero i primi orologi e gli artisti tentarono di immortalare ciò che era transitorio in immagini statiche e comprensibili. Figurarsi che Manét dipinse 50 versioni della Cattedrale di Rouen al variare delle condizioni di luce durante il giorno.

Altro segno rivoluzionario ma tangibile di questa corrente impressionista è il risveglio nei confronti della vita e dei suoi più intimi piaceri. E lo si vede ampiamente nella rappresentazione dei tanti soggetti immortalati, che vanno dagli ambienti contemporanei naturalistici come ristoranti, teatri, caffè, campagne, corsi d’acqua, al desiderio di bearsi dei divertimenti che la vita sociale dell’epoca offriva tra cui le prostitute e le tanto decantate ballerine. Nudi, autoritratti e ritratti familiari si presentano ai nostri occhi con un sorprendente realismo ma con tanta voglia di uscire allo scoperto dal torpore statico proprio di quell’arte di fine secolo.

Si era dinanzi oramai ad un fermento innovativo e le menti riformatrici e trasformiste non tralasciarono di analizzare tale movimento alla luce di una attenta rivisitazione intellettuale più moderna e fortemente necessaria per gli inizi del nuovo secolo. Fu così che, tale importantissima e significativa corrente, andò pian piano esaurendo la sua vivacità con il passare degli anni allorché cominciarono a diffondersi nell’ambiente artistico diverse attestazioni di distacco e perplessità sull’efficacia di alimentare una pittura comunque assente da forme sintetiche e concettuali e, pertanto, carente di efficacia interpretativa.

Si potrebbe anche non essere d’accordo sul significato di tale esautorazione ma si può certamente affermare che, sebbene attualmente l’arte sia quasi interamente concettuale, simbolica ed informale, la corrente impressionista ha comunque rappresentato un fondamentale “punto di svolta” significativo ed importantissimo ai fini di un percorso storico moderno dell’arte al passo con le trasformazioni e le metamorfosi del suo tempo.

Ancora oggi, nei musei di tutto il mondo che ospitano mostre di impressionisti, fa riflettere e commuovere la visione di tantissimi visitatori che sostano in religioso silenzio, visibilmente emozionati, davanti a quelle stupende opere in cui si riesce a trovare l’appagamento dell’anima e dalle quali ci si sente magneticamente attratti per le pennellate vigorose e plastiche e per i magistrali tagli di luce viva e trasparente, i quali rendono misteriosi ed affascinanti tali capolavori.

L’arte, si sa, è un messaggio del tempo e la sua comunicazione è l’insieme di tantissimi attimi: sono attimi interminabili, attimi di vita vissuta tale da essere custodita eternamente nelle nostre menti. Trasmettiamola con entusiasmo alle future generazioni.

M° Internazionale d’Arte Mario Salvo