GALEAZZI: “L’INVIATO NON NASCE PER CASO”, APPLAUDITO AL CANOTTIERI ROMA

GEN-CopertinaGaleazziGrande storia, specchio di una vita professionale ed umana piena e ricca di esperienze vissute, quella raccontata dal cronista sportivo per antonomasia, Gianpiero Galeazzi, nel suo ultimo libro più autobiografico che giornalistico: “L’inviato non nasce per caso”, presentato davanti ad una numerosissima platea di amici, di soci e di ammiratori del Canottieri Roma.

Atene, 1983. Atmosfera decisamente pesante nello spogliatoio della Juventus. La Coppa dei Campioni è dell’Amburgo, merito di un missile di Magat all’8′. Gian Piero Galeazzi chiama da parte Marco Tardelli: “Se sei un uomo, vieni a farti una chiacchierata con me”. Il calciatore, l’uomo, si confida con il giornalista. Il pezzo – e che pezzo… – è portato a casa. Al suo ritorno a Roma, Galeazzi riceve i complimenti di Claudio Icardi. Lu,i però, quasi come Tardelli, dribbla e va in porta: “Ica’, l’inviato non nasce per caso”. A distanza di 33 anni, “L’inviato non nasce per caso” diventa il titolo dell’autobiografia di Gian Piero Galeazzi. E, sempre a distanza di 33 anni, l’ex campione italiano di canottaggio sceglie il Circolo Canottieri Roma, la sua seconda casa, per presentare quell’autobiografia.

E per presentare la sua ultima fatica Galeazzi organizza una sorta di festa con gli amici di sempre. I colleghi Rai – Fabrizio Maffei in testa – e le leggende dello sport italiano. A cominciare da Nino Benvenuti, campione mondiale superwelter e medi e campione olimpico a Roma ’60, passando per “il più grande canottiere italiano di tutti i tempi” (“Ma io lo so che Galeazzi mi chiama così per scherzare”, si schermisce il diretto interessato) Agostino Abbagnale, triplice oro olimpico, fratello minore di Giuseppe e Carmine.

“Gian Piero è stato un grande inviato – le parole di Stefano Brusadelli, collega e consocio di Galeazzi, per l’occasione in veste di moderatore – un grande perché in ogni circostanza è riuscito a creare un rapporto umano con l’intervistato. Senza quell’aspetto sarebbe stato difficilissimo decifrare i personaggi. Ecco, lui è stato il più vivace e il più bravo a cogliere quell’aspetto. Quanto alla sua vita in questo Circolo, tutti noi abbiamo ben presente la foto che lo ritrae, portabandiera del Canottieri Roma, mentre ritira la Stella d’Oro al merito sportivo da Aldo Moro, nel 1971”.

Poi la nostalgia. Sul maxischermo del salone del Circolo vengono proiettati spezzoni su spezzoni, scolpiti nella memoria dello sport italiano. La vittoria di Benvenuti contro la sua nemesi Griffith, l’oro nel 4 di coppia di Agostino a Sydney 2000, la vittoria dei canoisti Rossi-Bonomi e di Josefa Idem, lo scudetto della Lazio, quello del Napoli di Maradona. Immagini scandite dagli applausi del pubblico intervenuto.

“E’ un onore essere vicino a questi due grandi campioni, quattro ori olimpici e tre mondiali”, dice un emozionato Galeazzi, che poi rivela: “L’amicizia con Agostino è nata sui campi di regata, quella con Benvenuti nella trasferta a Monaco ’72 da inviati. Da lì io ho continuato a fare il giornalista, lui si è fermato”. Non solo… “E’ un onore, ancora, essere qui, in questo Circolo dove entrai nel 1954 insieme a mio padre (Rino, mai dimenticato tecnico di canottaggio e scopritore di tanti talenti del remo; ndr) e che ben presto divenne la mia seconda casa. Un Circolo che mi ha dato tutto: lo sport, un’opportunità di lavoro, una moglie. Grazie a tutti”.

“Gian Piero, tu continui a essere nel cuore di tutti gli sportivi italiani – l’ideale pacca sulla spalla di Benvenuti – Tutti ricordiamo con affetto le tue telecronache, condotte con un’enfasi unica. Anzi, credo che al termine delle gare fossi più stanco tu degli atleti dei quali avevi narrato le gesta. Tutto vero comunque: partimmo insieme per quella trasferta alle Olimpiadi tedesche. E aggiungo che non aver continuato nella professione giornalistica è uno dei miei più grandi rimpianti”.

Simpaticissimo anche il contributo del più giovane dei fratelloni Abbagnale: “Sono qui oggi, vicino a lui, per una forma di rispetto. Sono cresciuto con le telecronache di Giuseppe e Carmine, sognando, un giorno, di avere anch’io un racconto di quel genere. Un sogno che si è decisamente realizzato, visto che Galeazzi ha raccontato tre vittorie olimpiche… Dunque lo ringrazio, anche se devo dire la verità: credo che i suoi preferiti siano sempre stati i miei fratelli più grandi”.

A Fabrizio Maffei, infine, il compito di ricordare gli aneddoti più spassosi. Tipo un curioso faccia a faccia con l’Avvocato Gianni Agnelli per via di una Fiat Ritmo… “Scherzi a parte – la chiusura di Maffei – con Gian Piero ho condiviso una lunga vita professionale. All’inizio io raccontavo la partita, lui realizzava le interviste. E in quelle interviste usciva Galeazzi, il più geniale tra i giornalisti che inventò un modo nuovo, un approccio inedito. In poche parole stravolse il racconto della partita”.

E’ tutto lì, tutto in “L’inviato non nasce per caso”. Tutto nella testa e nel cuore di Gian Piero Galeazzi.​

Gian Piero Galeazzi ha presentato al Circolo Canottieri Roma “L’inviato non nasce per caso”. accompagnato dagli amici di una vita. Assieme all’autore, alla serata sono intervenuti la leggenda del pugilato Nino Benvenuti, oltre ai giornalisti nonché soci del Circolo Fabrizio Maffei e, in veste di moderatore, Stefano Brusadelli.

“L’inviato non nasce per caso” – riporta la scheda ufficiale dell’opera – “è il principio ispiratore che ha animato tutta la carriera giornalistica di Gian Piero Galeazzi e che dà il titolo a questo libro. E il suo personale grido di battaglia che lo ha accompagnato nella lunga carriera iniziata negli anni ’70 al Giornale Radio, al seguito dei grandi maestri come Sandro Ciotti, Enrico Ameri e Guglielmo Moretti, e proseguita in Tv nel Tg1 di Emilio Rossi e nella redazione sportiva di Tito Stagno, al fianco di Beppe Viola. Sempre con l’obiettivo di portare a casa il ‘pezzo’ ad ogni costo per raccontare il grande sport italiano e internazionale dai Mondiali di calcio ai più importanti incontri di tennis degli Internazionali di Roma e della Coppa Davis, dal grande calcio italiano alle appassionanti imprese del canottaggio azzurro che hanno entusiasmato gli italiani e che la sua voce ha reso indimenticabili. E’ un racconto autobiografico che mostra, attraverso le luci dell’anima, le stagioni più intense della sua vita, un viaggio appassionante che porta un giovane cronista a diventare un inviato di razza”.

“L’inviato non nasce per caso” chiude idealmente un trittico autobiografico aperto con “E andiamo a vincere”, dove la storia personale s’intrecciava a quella dei mitici fratelli Abbagnale, e continuato con “Il magnifico miglio”, sorta di dichiarazione d’amore al Tevere scritta a quattro mani con Enrico Tonali.

Roma, 31 Gennaio 2016

Alexia Perazzi