Si è tenuta a Roma il 30 Gennaio nell’Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali 2017, il convegno-dibattito intitolato, “Big data e privacy – la nuova geografia dei poteri” promosso dall’Autorità Garante dei dati personali.
L’incontro, presente in primis Antonello Soro Garante per i dati personali, articolato in tre sessioni, è stato un momento di approfondimento e confronto sul tema dei Big Data, esaminati sotto il profilo dei rischi per la privacy delle persone in relazione a diversi contesti: il nuovo capitalismo digitale e i nuovi modelli di business, l’impatto dei Big Data sull’organizzazione sociale e i processi decisionali, le prospettive che i aprono per l’intelligenza artificiale e la genomica.
La prima sessione dal titolo: “La nuova economia fondata sui dati” con gli interventi di Franco Bernabè e Giulio Tremonti, è stata coordinata da Augusta Iannini
La seconda sessione, coordinata da Licia Califano, si è incentrata sul tema “Dal profilo dei consumatori al profilo dei cittadini”; intervenuti, tra gli altri, Ilvo Diamanti, Enrico Giovannini, e l’Avv. Salvatore Frattalone esperto in diritto della privacy.
Infine la terza sessione ha affrontato l’argomento su “Le grandi sfide; open data, genomica e intelligenza artificiale” con gli interventi di Stefano Ceri Diego Piacentini e coordinata da Giovanna Bianchi Clerici.
Ha concluso il dibattito Anna Finocchiaro Ministro per i rapporti con il Parlamento.
In sostanza il convegno ha voluto affrontare direttamente una riflessione sulle conseguenze che l’uso massivo di informazioni personali ha sulla vita democratica e ha ribadito l’importanza fondamentale che riveste la protezione dei dati personali come garanzia e presidio di libertà individuale e collettiva.
Sul punto, il Garante Antonello Soro già da tempo ha puntualizzato la necessità di mettere in atto effettive garanzie e concrete misure di sicurezza ed infatti sulla domanda: “Big Data e privacy dei dati sulla salute: due mondi inconciliabili? Quali rischi?” ha risposto: “La crescente digitalizzazione di dati sanitari, se consente indiscutibili progressi grazie alle analisi dei big data, lascia intravedere rischi di vulnerabilità, considerato, peraltro, che rendere effettivamente anonimi questi dati è assai complesso. Tra i rischi, ad esempio, il fatto che le informazioni raccolte potrebbero avere un potenziale valore per le assicurazioni, che potrebbero usarle per negare una copertura o per aumentare il premio in caso di malattie prevedibili; queste informazioni potrebbero avere valore anche per i datori di lavoro, nel caso di selezione del personale o, addirittura, per le case farmaceutiche che potrebbero individuare specifiche patologie al fine di sperimentare sui soggetti selezionati nuovi farmaci. Ma rischi ancora più concreti, si pensi alle app, possono riguardare anche la sicurezza dei nostri dispositivi dal momento che queste possono, in alcuni casi, accedere alle rubriche telefoniche, alle nostre foto nonché sfruttare i sistemi di localizzazione”.
Sull’altra domanda se “gli operatori (app, motori di ricerca, social) offrono sufficienti garanzie?” Soro ha dichiarato: “Al momento, no. Assicurare un corretto utilizzo dei dati in tutto il loro percorso è molto difficile in contesti dove prevale l’asimmetria informativa (cioè in cui le informazioni sono in mano a una sola delle parti, gli operatori del settore ndr), in cui si moltiplicano e frammentano i soggetti che interagiscono e dove le informazioni vengono conservate nel cloud, ovvero in sistemi di archiviazione online. Proteggere i dati richiede maggiori responsabilità per coloro che li raccolgono e gestiscono, che devono andare ben oltre il rilascio di complessi moduli per richiedere il consenso o di verbose informative, in favore di effettive garanzie e concrete misure di sicurezza”. Sul problema della tutela delle informazioni sulla nostra salute tramite le app, Soro ha fornito alcuni dati rilevanti in materia sanitaria: “Nel nostro paese sono disponibili oltre 17mila applicazioni mediche di cui si sa poco. L’Autorità Garante della privacy, rispetto ad alcune di esse, ha compiuto nel 2014 un’indagine internazionale di verifica. Il quadro emerso e stato sconfortante per l’assenza di trasparenza, in merito ad esempio alla possibilità di cedere i dati a terzi, per la scarsa attenzione alla sicurezza dei sistemi, per l’accesso illecito ad alcune funzionalità dei dispositivi, come le rubriche”.
Infine, sulla tematica delle mancanze e doveri di istituzioni, aziende e utenti perché per la tutela della privacy e della libertà siano complete, il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato: “Le Autorità continueranno a vigilare contro ogni forma di uso distorto dei dati. Proprio al fine di rafforzare questo potere, il nuovo Regolamento Europeo (approvato a dicembre 2015, a cui i Paesi Ue dovranno adeguarsi nei prossimi due anni) ha esteso la tutela dei cittadini europei rispetto a tutte le società extraeuropee – ad esempio quelle che gestiscono i principali siti di ricerca su internet o i social network – che offrono, anche gratuitamente, beni o servizi in Europa. Dal canto loro, gli utenti non devono lasciarsi condizionare solo dalle molteplici e multiformi novità del mondo digitale, assumendo piuttosto atteggiamenti proattivi per gestire con prudenza i propri dati: limitare i cookies, modificare le impostazioni di default dei programmi, leggere – per quanto comunque complesse – le condizioni di utilizzo delle applicazioni”.
Roma, 28 Febbraio 2017
Marcello Grotta