CON UN PIZZICO DI FANTASIA SI PUÒ RISOLVERE IL PROBLEMA DEL DEBITO PUBBLICO

Se l’incremento demografico nel nostro paese è attualmente inesistente deve per forza esserci una ragione, non che questo sia un fatto nuovo nella nostra trimillenaria storia, Augusto se ne lagnava sino a far varare un’apposita normativa in favore della neonatalità, in epoca più recente fu istituita una tassa sul celibato ed assai più recentemente è stato indetto un nonmiricordocosaday dall’ultimo Ministro della salute. Bene, ma ogni medaglia, come si sa, ha il suo rovescio e nell’assenza di neonatalità possiamo scorgere anche un qualcosa di positivo e cioè l’abolizione della presenza di un nuovo essere dotato dell’infamante qualifica di debitore. Ciò purtroppo avviene a causa di una certa situazione economica nella quale si trova il nostro amato paese in base alla quale ogni neonato che apre gli occhi alla vita vien gravato immediatamente dal peso di numerose migliaia di euro. E’ una specie di peccato originale insanabile perché il dio dell’economia è meno magnanimo di altri, non perdona e certamente non sacrifica nessuno se non il suo debitore. Il suo credo consiste nel suo credito e che sia il più possibile esoso. Esoso era per davvero quando grosso modo negli anni ottanta il potere politico stabilì che ci si poteva abbondantemente indebitare non ostante l’allora proibitivo costo del danaro (le crisi petrolifere) emettendo titoli di Stato ad alto reddito allora molto ben accetti sul mercato. Il saggio, non l’uomo di grande animo, ma quello d’interesse non si ferma mai e chi non è in grado di farvi fronte si indebita nuovamente senza diminuire minimamente l’originario importo del debito. Certo noi non siamo gli unici a convivere con un debito pubblico colossale, paesi di ben maggiore presenza economica sullo scacchiere internazionale vivono in condizioni analoghe ma hanno le risorse, quelle che noi non abbiamo .Ciò permette loro un tenore di vita che, non troppo lentamente, da noi sta dissolvendosi . I bambini non nascono perché costano troppo, per lo Stato non esistono cittadini ma contribuenti, il lavoro diventa una chimera… senza dilungarsi ulteriormente nelle numerosissime negatività del nostro tempo. Insomma cosa si può fare se vogliamo uscire da questa scomoda situazione nella quale se alziamo appena la testa di fronte ai cosiddetti fratelli europei ci viene immediatamente rinfacciato il nostro vergognoso debito pubblico? Vogliamo togliercelo con cosa? Vendiamo le opere d’arte? Portiamo le tasse al novanta per cento? Cediamo le riserve auree? Be in alcune famiglie, se unite, in presenza di rovesci finanziari si vendono i gioielli di famiglia se si vuol mantenere un buon nome ma è raro. Chissà se non si potrebbe riuscire a risolvere quasi del tutto l’ormai annoso problema del disavanzo pubblico rimettendo un poco di lavoro in movimento, migliorando il nostro stato dei luoghi e, per così dire, facendo tutti felici e contenti. La vecchia destra storica mangiapreti ci rimise le penne definitivamente con quella tassa sul macinato, però almeno a Roma c’è una via Quintino Sella, e quindi…no…l’ulteriore fiscalità è una soluzione da escludere. Chissà se invece non si potrebbe vendere, non certo le opere d’arte,…del metallo il cui valore/kg è un discreto valore e che potrebbe essere posto in quantità non troppo rilevanti per lotto sul mercato internazionale al fine di non abbassarne la quotazione e destinandone il settanta per cento del ricavato ad un fondo speciale annulla disavanzo. Alcuni potranno chiedersi di quale metallo si tratti essendo il nostro paese quasi del tutto privo di risorse minerarie. E’ un metallo che abbiamo acquistato negli anni a caro prezzo specialmente dal Cile e che insomma è il rame il cui valore attuale si aggira attorno ai sette euro/kg. Molti sorrideranno pensando con aria smaliziata di smettere di leggere inconcludenti fantasie e sono quindi pregati di aver ancora pazienza. Dando un’occhiata alla tavola della conducibilità elettrica vediamo subito che i migliori conduttori sono i cosiddetti metalli nobili seguiti poi appunto dal rame, dallo stagno, dall’alluminio ecc. ma un discreto conduttore è costituito dall’acqua di mare. Il dimensionamento dei cavi tutt’ora utilizzati è basato sulla necessità di tecnologie in buona parte superate, basti pensare all’utilizzo per l’illuminazione dei semiconduttori con gli enormi benefici nei consumi e conseguentemente sulla necessità di energia. Dunque chissà se si potesse operare nel seguente modo. La corrente elettrica prodotta e purtroppo anche acquistata viene condotta attraverso tubi, notevolmente interrati, di pvc riciclato, riempito di acqua di mare, di varie sezioni sino ai centri di trasformazione. Ogni comune attraversato dalle linee appalta i lavori di sterro e posa provvedendo alla consegna del rame di recupero e dell’acciaio degli ormai inutili tralicci. La fase successiva della distribuzione della corrente elettrica avviene attualmente in larga misura attraverso cavi posati in tubazioni di grande diametro. Molto semplicemente potrebbe essere effettuata la sostituzione con i nuovi tubi sopradescritti sino ad arrivare alle utenze finali. Le opportune connessure capicorda in ottone permettono gli allacci agli impianti. Tutti i vecchi cavi vengono ovviamente stoccati. Chissà se quei milioni di tonnellate del metallo rossiccio potrebbero essere la soluzione dei nostri problemi economici. Qualche conteggio ancora impreciso, pagate le opere di sostituzione, il costo realmente contenuto del tubo necessario nonché tutti i trasporti del caso ha portato a sostenere questa possibilità perché potrebbe alleggerirci, se effettuata onestamente, della quasi la totalità del debito pubblico. Sarebbe bene poi anche ricordare l’esistenza di quella vecchia teoria del moltiplicatore degli investimenti se si riuscisse a mettere in moto un trand positivo costituito appunto dal lavoro in ogni comune del Paese, da migliorie sotto il non trascurabile aspetto dell’estetica dei nostri territori compresa l’abolizione del tanto temuto inquinamento da micro onde, ottenendo tutto guadagnandoci al fine di annullare il disavanzo che è la causa della nostra insostenibile pressione fiscale. Chissà se gli interessi di aziende colossali dagli incalcolabili utili commerciali non sguinzaglierebbero orde di esperti di dubbia buona fede per dimostrare che, se attuato quanto sopra, i costi relativi supererebbero i ricavi? Chissà se si potesse riuscire a convincere qualcuno, una volta accettata, a coordinare una tale opera correttamente? Chissà se la cosa pubblica è ancora intesa come non di tutti ma di nessuno e come tale soltanto da sfruttare per il proprio tornaconto alla “finché dura fa verdura?” Ma chissà se, infine,non si riuscirà con molto coraggio, un po’ di buona fede e un pizzico di fantasia a risolvere anche così il nostro maggior problema.

G.R.M.