QUELLO CHE I MEDIA NON DICONO
Si è svolto a fine Gennaio al centro di Roma, presso il convento di San Salvatore in Lauro, il convegno dal titolo: “Gli errori dell’Occidente in Siria visti dagli inviati” organizzato dal Circolo Proudhon di Roma (circolo dei lettori del quotidiano “L’Intellettuale Dissidente”) interessante ed originale incontro-dibattito sulla guerra in Siria e sulle sue verità nascoste.
Ha aperto il convegno Lorenzo Borré, presidente del Circolo Proudhon di Roma, poi moderato da Alessio Caschera, caporedattore esteri de “L’Intellettuale Dissidente”, alla presenza, tra gli altri, dell’arcivescovo di Gerusalemme, in esilio, Hilarion Capucci che sedeva in prima fila, introducendo brevemente gli ospiti che hanno vissuto in presa diretta la guerra siriana: primo tra tutti Sebastiano Caputo (direttore de “L’intellettuale Dissidente” e collaboratore presso “Il Giornale”), autore del libro “Alle porte di Damasco” (Circolo Proudhon Edizioni). Caputo che, con la propria esperienza personale ha evidenziato che è proprio in Siria che si sono addestrati i terroristi di Istanbul e Parigi, ed è in Siria che le comunità cristiane hanno mosso i primi passi, ha detto: “è in particolare per queste ragioni che la vicenda siriana ci riguarda da vicino”.
Per spiegare meglio gli scenari siriani è stato proiettato il video in cui Napolitano, nel 2010 in visita ufficiale a Damasco, elogiava la bellezza e l’armonia sociale del Paese governato da Bashar al Assad, nel filmato seduto al suo fianco, ma appena un anno dopo quella visita tutto sarà cambiato: Assad, come Saddam e Gheddafi, sarà trattato come il solito alleato a tempo determinato. C’è stata infatti, una sorta di schizofrenia nei media occidentali, da un momento all’altro, Assad, è diventato il dittatore sanguinario da abbattere, ad ogni costo. Le manifestazioni, a partire da Daara, inizialmente normali e pacifiche (come le tante anche qui in Italia) da semplici manifestazioni di protesta si sono trasformate presto in una vera e propria guerra civile, organizzata sottotraccia da decenni, da infiltrati fondamentalisti, che le hanno monopolizzate appositamente con lo scopo di seminare il panico e causare quindi la dura repressione del governo alawita; ma la stampa occidentale ci ha raccontato per anni la falsità dei “ribelli moderati” come Al Nusra (sic!), e da questa prospettiva tutti si aspettavano che Assad cadesse in poco tempo; ma così non è stato ed ora nessuno riesce più a parlare del “dopo Assad”. Prima degli attentati di Parigi del 13 novembre lui era il nemico numero uno, ora è passato in secondo piano, perché a dominare la scena c’è Daesh.
E’ intervenuto poi Alberto Negri (corrispondente esteri de “Il Sole 24 Ore”) che ha ripercorso brevemente alcune tappe fondamentali della storia degli alawiti riportando l’attenzione sulla geografia particolare della Siria che è un Paese cerniera, crocevia fra l’Oriente più estremo e l’Occidente che si affaccia sul Mediterraneo, motivo per il quale cristiani e musulmani hanno sempre convissuto pacificamente, essendo entrambi indispensabili per mantenere in equilibrio il mosaico siriano. Negri è passato poi ad evidenziare gli errori di Assad, fra tutti quello di essersi affidato ad Erdogan, un forte vicino di casa che gli avrebbe assicurato stabilità. Il leader turco invece ha sfruttato l’occasione per i suoi interessi e il ruolo da “padrino” che, svolto in quel periodo difficile, gli è servito per attirare importanti attenzioni a livello internazionale: promettendo ad Assad persino l’equivalente della ricchezza che il suo Paese produceva in tre anni se avesse rotto i rapporti con Teheran, e nel frattempo, spiega Negri al pubblico, gli ambasciatori americani e francesi venivano accolti in festa dai ribelli ad Hama, subito dopo infatti è iniziato il disordine, le grandi migrazioni, e Erdogan, aprendo l’autostrada del terrore ha in poco tempo fatto diventare la Siria il porto d’approdo di tutto il terrorismo fondamentalista internazionale.
Gian Micalessin, giornalista, cronista di guerra per “Il Giornale”, ha portato invece virtualmente sul campo gli spettatori attraverso la proiezione dei suoi reportage in Siria dove la morte non fa distinzioni fra musulmani e cristiani; toccante e significativo soprattutto il video della riconquista da parte delle truppe governative di Maaloula, dove viene mostrato un piccolo gruppo di suore, novizie e bambini tenuti in trappola da giorni in un monastero in cui arriva anche Micalessin con giubbotto anti-proiettile, telecamera ed elmetto. Questo piccolo villaggio cristiano, sulla cui collina svetta la statua della Vergine e in cui si parla ancora l’aramaico, la lingua di Cristo, è stato completamente rimosso dalla narrazione occidentale e nemmeno il Vaticano alza la voce in difesa della comunità cristiana che in Siria conta ben tre milioni di fedeli. Varie autorità religiose mostrate nei video raccontano che Assad è l’unico argine rimasto a separarli e quindi a salvarli dal caos e dal massacro, dicono che l’Europa è diventata solo finanza ed economia e che ha dimenticato le proprie radici cristiane. Micalessin poi ha concluso il suo intervento con la tragica storia di Midan, quartiere armeno-cristiano della città di Aleppo, queste le parole di Harud, un suo abitante: “Qui ad Aleppo la storia si ripete. Cento anni dopo il genocidio i Turchi cercano di nuovo di buttar fuori noi armeni e i cristiani. Dietro l’Isis, dietro tutti questi attacchi ci sono sempre loro. Esattamente come cento anni fa”.
Alla fine questo convegno è riuscito, con coraggio ed intelligenza, a tracciare una linea sicura in cui è stata descritta la verità reale dei fatti della guerra in Siria oggi così com’è e non come viene mistificata dai mass-media conformizzati al servile pensiero di maggioranza, smascherando gli interessi concreti che sono nascosti dietro le apparenze velate di questa guerra, dove, non ci sono buoni e cattivi e ogni fazione lotta semplicemente per le sue ragioni.
Roma, 29 Febbraio 2016
Marcello Grotta