Dalla Corea, con il pastore Paul Yonggi Cho, è nata una formula, un metodo di evangelizzazione che si chiama “le cellule in casa”. Un prete americano, padre Michael Eivers, lo ha, in certo qual modo, “cattolicizzato” e lo ha importato con successo nella sua parrocchia, in Florida, assegnando un posto speciale all’adorazione perpetua 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Nel 1987 Don Pigi, il parroco di Sant’Eustorgio a Milano, è andato a visitare quella parrocchia dietro consiglio di un amico e ne è tornato entusiasta e radicalmente convertito. A seguito di questa visita, ha chiamato una quarantina di fedeli per condividere l’impegno di fare della sua parrocchia una comunità animata da una fede ardente e dedicata all’evangelizzazione. L’esperienza si è diffusa rapidamente, come per contagio, prima nella parrocchia di Sant’Eustorgio a Milano, poi progressivamente in numerose altre parrocchie, in Italia e all’estero. Don Pigi ha organizzato oltre venti seminari di formazione che hanno avuto effetti in tutto il mondo. Il Pontificio Consiglio per i laici si è accorto che tale metodo rendeva fertile le parrocchie in tutti e cinque i continenti per cui ha proposto a don Pigi di creare un organismo internazionale perché la Chiesa continuasse a vivere questa grazia.
Viene da chiedersi a che cosa è dovuto il successo improvviso della diffusione del Sistema delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione (SCPE) nel mondo con la loro presenza accertata sui cinque continenti dopo solo venti anni dalla loro nascita e la risposta va ricercata soprattutto nel bisogno, di questi nuovi missionari laici, di avere un metodo per tradurre nei fatti quel desiderio di evangelizzazione che Giovanni Paolo II ha ridato alla Chiesa. Partendo dall’«Evangelii nuntiandi» di Paolo VI, la Chiesa è stata percorsa da tutta una corrente di evangelizzazione. Così le Cellule diventano una possibilità di trasformare la pastorale ordinaria in una pastorale missionaria per quei parroci che non hanno un movimento nuovo per sostenerli; infatti ciò che attira i laici nel metodo delle cellule è proprio questo, la possibilità di continuare la pastorale ordinaria facendone anche una pastorale missionaria.
Per le Cellule l’Adorazione Eucaristica è alla base dell’evangelizzazione, semplicemente perché Gesù è stato il primo adoratore e il suo Spirito è l’agente principale dell’evangelizzazione. E’ infatti estremamente importante che le parrocchie, che desiderano diventare missionarie, organizzino l’adorazione (parecchie di queste hanno l’adorazione perpetua, 24 ore su 24, 7 giorni su 7). Dare avvio all’adorazione è la prima iniziativa per una parrocchia che voglia intraprendere l’applicazione del metodo delle Cellule. Molte hanno cercato di farne a meno ma il sistema delle cellule non è durato a lungo. Il primo effetto di una tale iniziativa, a detta di chi la pratica, è la crescita della carità fraterna nella parrocchia come anche la crescita dello spirito di comunione. Non c’è da sorprendersi di questo processo se si guarda alla storia degli Apostoli, che pur nella loro diversità, hanno trovato la propria unità al servizio della missione in Gesù stesso, come un solo corpo, il Suo corpo. E’ l’adorazione del corpo di Cristo, donato per la salvezza dell’Umanità, il segreto di questa nuova azione missionaria, che unisce i nuovi attivisti laici e li spinge a servire, in un contesto storico e sociale contradditorio e resistente come quello odierno, che sostanzia l’originalità del nuovo metodo così forte e speciale, come per esempio l’adorazione notturna. Paradossalmente la società contemporanea richiede atti forti per ridare nuovo slancio alla fede e alla speranza dei cattolici. Impegnare una comunità cristiana nell’adorazione notte e giorno è un chiaro messaggio per una Comunità di Fede che vuole affrontare nuove strade che richiedono fede ed audacia, con gesti ed atti all’apparenza anche un po’ folli che rappresentano vere rotture con lo spirito di paura e di paralisi psicologica ed sociale attuali, ma che in realtà vengono avvertiti come segnali profondi e coraggiosi da quei Cristiani che vogliono veramente servire la Fede dal più profondo del loro cuore e che vedono così liberati in loro un potenziale di amore e di energia immergendosi nella stessa atmosfera in cui si trovarono ad operare gli Apostoli, come discepoli pronti, con grandi testimonianze ad aprire i cuori dei contemporanei.
Le Cellule, in realtà, che non sono un movimento, ma delle “aggregazioni laicali” che – a differenza dei numerosi movimenti laici nati dopo il concilio, finiti come fenomeni elitari e distaccati dall’interezza del contesto cattolico sociale e che spesso mancano di collegamento e d’integrazione, non tanto con la Chiesa istituzionale ad alto livello, ma piuttosto con le comunità parrocchiali e con le loro strutture quotidiane di vita cristiana – si sono contraddistinte invece per la loro immedesimazione con la parrocchia stessa nella soddisfazione del bisogno della partecipazione dei laici alla vita parrocchiale, attraverso il loro utilizzo per i ministeri, per la catechesi, per l’esercizio della carità, per una liturgia più partecipata.
Significativo, per capire la dirompente forza sociale di questo nuovo fenomeno missionario per la Chiesa, è il discorso di Papa Francesco fatto ai membri delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione nell’Aula Paolo VI, il 5 Settembre 2015, in occasione dell’approvazione definitiva dei loro Statuti:
“Quello che fa l’opera è il carisma!Voi avete la vocazione di essere come un seme mediante il quale la comunità parrocchiale si interroga sul suo essere missionaria, e per questo sentite irresistibile dentro di voi la chiamata a incontrare tutti per annunciare la bellezza del Vangelo. Questo desiderio missionario richiede, anzitutto, ascolto della voce dello Spirito Santo, che continua a parlare alla sua Chiesa e la spinge a percorrere sentieri a volte ancora poco conosciuti, ma decisivi per la via dell’evangelizzazione. Rimanere sempre aperti a questo ascolto e avere cura che non si esaurisca mai per la stanchezza o le difficoltà del momento, è condizione per essere fedeli alla Parola del Signore, e nello stesso tempo è una spinta a superare i vari ostacoli che si incontrano nel cammino dell’evangelizzazione.
Con il vostro impegno quotidiano, e in comunione con le altre realtà ecclesiali, voi aiutate la comunità parrocchiale a diventare una famiglia in cui si ritrova la ricca e multiforme realtà della Chiesa (cfr Lumen gentium, 8). Incontrarsi nelle case per condividere le gioie e le attese che sono presenti nel cuore di ogni persona, è un’esperienza genuina di evangelizzazione che assomiglia molto a quanto avveniva nei primi tempi della Chiesa. Lo ricorda san Luca, negli Atti degli Apostoli, quando accenna che i credenti «ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (2,46-47). Voi Cellule desiderate fare vostro questo stile di vita comunitaria, capace di accogliere tutti senza giudicare nessuno (cfr Evangelii gaudium, 165). Il nostro giudice è il Signore, e se ti viene in bocca una parola di giudizio sull’uno o sull’altro, chiudi la bocca. Il Signore ci ha dato il consiglio: “Non giudicate e non sarete giudicati”. Convivere con la gente con semplicità, accogliere tutti. Perché accogliere tutti? Per offrire l’esperienza della presenza di Dio e dell’amore dei fratelli. L’evangelizzazione sente forte l’esigenza dell’accoglienza, della vicinanza, perché è uno dei primi segni della comunione che siamo chiamati a testimoniare per avere incontrato Cristo nella nostra vita.
Vi incoraggio a fare dell’Eucaristia il cuore della vostra missione di evangelizzazione, così che ogni Cellula sia una comunità eucaristica dove spezzare il pane equivale a riconoscere la reale presenza di Gesù Cristo in mezzo a noi. Qui voi troverete sempre la forza per proporre la bellezza della fede perché nell’Eucaristia facciamo esperienza dell’amore che non conosce limiti, e diamo il segno concreto che la Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa…”
Roma, 30 Dicembre 2015
Marcello Grotta