“Competenze per l’industria” è il tema di partenza della prima Assemblea Nazionale di Federmanager che si è tenuta a Maggio a Roma presso l’Auditorium Parco della Musica.
Moltissime ed infuocate le problematiche affrontate, si parte dai trend più significativi sulla presenza di manager nelle imprese industriali per arrivare ai profili professionali che saranno richiesti dall’industria del futuro. Competenze e numeri che Federmanager – organizzazione, molto ramificata ed importante a livello nazionale con 58 sedi sul territorio, presieduta dal Presidente federale, Stefano Cuzzilla – ha messo in risalto in questa Assemblea, evento significativo e dal forte carattere identitario per gli oltre 180mila manager, quadri e alte professionalità rappresentati dalla Federazione, ma anche uno stimolo per l’agenda del Paese.
La crescita del Paese passa anche attraverso una maggiore managerializzazione delle aziende, soprattutto delle piccole e medie imprese, di conseguenza l’Assemblea Federmanager ha analizzato anche i dati più recenti relativi alla categoria: quanti sono i manager del settore industria, come sono suddivisi per area geografica e per regione, quanti inserimenti e quante cessazioni avvengono nel corso di un anno e qual è la suddivisione per classe dimensionale.
“Presenteremo anche i 4 profili manageriali che abbiamo certificato nella convinzione che occorra investire risorse economiche, di tempo e di pensiero, sulle risorse umane altamente qualificate per aiutare la “ripartenza” del Paese. A nostro avviso – ha concluso Cuzzilla – queste professionalità costituiscono il bagaglio di competenze utili alle imprese italiane per posizionarsi sui mercati globali e compensare il gap di competitività del Paese”.
A discutere sul tema “Fare industria: quali competenze per ripartire” si sono alternati sul podio: Mario Cardoni Dg Federmanager, Domenico Casalino Ad Techno Sky, Cetti Galante Ad Intoo, Gabriele Ghini Managing Director Transearch, Luciano Marcocci Responsabile Innovazione e Governance Tecnologica Finmeccanica, Salvo Mizzi Ceo Invitalia Ventures, Alessandro Ovi Direttore MIT Technology Review Italia, Stefano Pighini Presidente LVenture Group, moderati da Antonio Polito.
Dalla Relazione del Presidente federale, Stefano Cuzzilla questi sono i maggiori spunti che si possono enucleare.
Federmanager in questa tornata 2016 si è spinta a promuovere un progetto più ampio che parla di rilancio del Paese coinvolgendo i rappresentanti del governo, delle istituzioni, delle imprese e delle parti sociali, dei professionisti, inaugurando un nuovo corso e sapendo che il futuro si costruisce su una serie infinita di sperimentazioni come portatori sani di innovazione. L’Italia ha sempre altalenato tra baratro profondo ed eccellenza di successo.
Sull’Innovazione della contrattazione
I punti fermi sono la centralità del contratto collettivo nazionale, con favore anche verso la contrattazione decentrata, la bilateralità, la consultazione delle rappresentanze dei lavoratori in azienda. Inoltre si propone un allargamento delle tutele di welfare, sia con Confindustria sia con Confapi, Federmanager ha messo in campo strategie e programmi che, partendo dal rafforzamento della contrattazione nazionale, consentono di trovare a livello aziendale nuovi spazi di ampliamento per la sanità integrativa, la previdenza complementare, le politiche attive del lavoro, la necessità di maggiori sinergie tra Fondi sanitari integrativi e SSN, il welfare aziendale e i premi di produttività e l’adozione di politiche ad ampio spettro che favoriscano la prevenzione sanitaria e gli stili di vita positivi, flessibilità in uscita per chi è prossimo alla pensione; la separazione tra assistenza e la previdenza e che si favorisca maggiormente la previdenza complementare.
Sul tema dell’Innovazione dell’Industria.
Non è la specializzazione produttiva sui settori tradizionali a penalizzare il nostro Paese. Ciò che veramente penalizza il sistema Italia è il peso dimensionale delle sue aziende, che in maggioranza sono dei “bonsai”, spesso eccellenti nella qualità ma decisamente troppo piccole per essere competitive.
La seconda Commissione a cui Federmanager ha dato vita quest’anno è dedicata alle Politiche industriali, ed è articolata al suo interno in quattro macro aree: una si occupa di trasporti-infrastrutture–logistica, una seconda è focalizzata sulla siderurgia, una terza sull’energia, e una quarta lavora allo sviluppo dell’agenda digitale e dell’industria 4.0.
Si dà atto della ottima scelta del legislatore italiano di riconoscere e introdurre la definizione di impresa innovativa o start-up, affiancandogli agevolazioni fiscali e semplificazioni che toccano tutte le fasi del ciclo di vita. Questa è un’iniziativa molto positiva che, tra l’altro, colloca l’Italia ai primi posti in Europa (subito dopo l’Olanda, secondo le più recenti classifiche) in termini di attrattività per le nuove imprese innovative: ci si riconosce principalmente una normativa adeguata e funzionale al cambio culturale richiesto dal digitale e la capacità di attrarre e trattenere i talenti.
Ciononostante, ci sono ancora troppe penalizzazioni che gravano sui costi dei brevetti, manca una valorizzazione dei marchi e una facilitazione dell’accesso al credito; ancora troppi paletti sono stati posti per qualificare quegli incubatori che meritano le agevolazioni previste.
Bisogna infatti ripartire dagli investimenti per crescere e dall’adozione di politiche industriali di lungo respiro. In particolare il rapporto tra investimenti e Pil deve arrivare a quel 20%, che era il valore pre-crisi.
In riferimento alla dimensione internazionale, visto il decreto Sblocca Italia e di quanto lì previsto per la promozione straordinaria del Made in Italy che impegna oltre 270 milioni di euro nel triennio 2015-2017, occorre sottolineare come la creatività e la capacità di porsi da outsiders su molti mercati è una caratteristica tutta italiana su cui il governo deve concentrare le politiche economiche, l’Italia però soffre di un paradosso storico: risulta essere tra i primi tre paesi al mondo dove si vorrebbe vivere, ma non è certo tra i primi tre dove investire. Operano barriere fisiologiche come quella linguistica ma soprattutto agiscono negativamente alcune componenti endemiche tipiche dell’“italianità”: la mancanza di certezza del diritto, una pressione fiscale tra le più alte, una burocrazia invalidante, la piaga della corruzione, un Mezzogiorno che pur rappresentando 1/3 del paese continua a porsi in uno stato di profonda arretratezza. A questo va aggiunta una sostanziale incertezza verso il futuro dell’Europa e l’inadeguatezza con cui si sta gestendo il fenomeno immigratorio. Siamo ancora un’economia dove il costo della bolletta energetica frena qualsiasi entusiasmo, dove si continua a importare il 70% del fabbisogno energetico. Siamo ancora un Paese arretrato dal punto di vista della logistica, ragion per cui si stima un mancato guadagno di circa 40 miliardi di euro l’anno.
Ci sono alcune priorità che vanno dalla semplificazione degli adempimenti doganali allo sviluppo della City Logistic all’attuazione del Piano nazionale degli aeroporti fino all’integrazione della rete nazionale aeroportuale nel sistema europeo. Con una posizione geografica che da sola dovrebbe farci guadagnare un ruolo primario negli scambi commerciali con gli altri paesi, finiamo all’assurdo di far perdere competitività al nostro sistema economico e produttivo.
Sul tema dell’innovazione delle Politiche Urbane.
Un discorso analogo, che è coerente con l’obiettivo di realizzare l’innovazione, riguarda le politiche di sostegno allo sviluppo delle smart cities. Si stima che le città del futuro rappresentino un mercato di oltre 1.000 miliardi di dollari. Nei prossimi 15/20 anni si concentrerà nei centri urbani oltre il 70% della popolazione mondiale.
Sul tema dell’Innovazione delle Infrastrutture Digitali.
Federmanager punta sulla trasformazione urbana che presuppone un allineamento tempestivo alle più moderne frontiere digitali. La pubblicazione del Piano per banda “ultra larga” del 4 Marzo 2015 è sostanzialmente fermo, quando invece la parola d’ordine dovrebbe essere “execution”.
Il governo ha anche avviato un programma di infrastrutturazione delle reti di TLC mettendo sul piatto circa 15 miliardi di euro tra risorse pubbliche, incentivi, voucher e investimenti privati.
Tuttavia questo programma potrà trovare attuazione solo se si ridurrà il divario tecnologico che è presente in moltissime aree del nostro Paese. Concentriamoci su un dato: in Italia c’è appena il 23% di tasso di penetrazione di banda larga. Il Decreto Sviluppo 2.0 prevede un’apertura alla collaborazione pubblico-privato, con un’impostazione positiva che favorisce il marketing territoriale.
Sull’Innovazione del mercato del lavoro
Vi sono le ricadute che il digitale ha o avrà sul mercato del lavoro. Quando si parla di Quarta Rivoluzione Industriale si tratta di un cambiamento già in atto, che certamente sta provocando un’evoluzione dei modelli di business, l’affermazione dello smart working e una nuova profilazione delle posizioni richieste. In questi anni di crisi infatti vi è stata una consistente riduzione del numero di manager validi e competenti fuoriusciti dalle aziende e in alcuni casi costretti a rientrare sotto forme di temporary. I dati Federmanager più recenti confermano la flessione quantitativa di manager: con un -10% di manager nel quinquennio 2011-2015, anche se con una positiva tendenza tra i nuovi assunti, che crescono rispetto al 2014, con sorprendente ripresa della componente degli over 55. Il Def approvato è sostanzialmente fiducioso sulle proiezioni di crescita e di riduzione del divario deficit/Pil ma in realtà non si può essere troppo ottimisti sugli andamenti occupazionali.
A livello governativo è stato aperto un ciclo di consultazioni sul progetto Industry 4.0 al quale Federmanager sta partecipando sia con confronti diretti con il MISE sia nell’ambito dell’indagine conoscitiva in corso in Commissione attività produttive alla Camera dei deputati.
Bisogna quindi innovare le competenze dando importanza al capitale umano, la strategia deve partire dai banchi di scuola, dalle università e dai centri del sapere, sfrutttando tutte le opportunità offerte dal modello di alternanza scuola-lavoro, per il quale Federmanager sta avviando iniziative territoriali congiunte con la Federazione dei dirigenti della funzione pubblica, e va aumentata la quota di Pil in Ricerca e Sviluppo.
Servono anche precise politiche di finanziamento all’autoimprenditorialità giovanile, sulla scia delle esperienze positive avviate con ManagerItalia nell’ambito di Garanzia Giovani e con partner pubblici come Italia Lavoro e, a breve, con Invitalia.
La specializzazione è stata a lungo responsabile di infiniti miglioramenti nelle competenze e nelle conoscenze. Tuttavia oggi assicura dei frutti solo se viene contaminata da esperienze diverse e da piani differenti, in cui un ruolo principe lo esercita la dimensione privata. Invece di limitarsi a preparare i giovani alle loro carriere, le università e i programmi MBA dovrebbero piuttosto diventare dei laboratori impegnati in esperimenti con persone di tutte le discipline e tutte le occupazioni, per rendere più completa e più creativa la ricerca di una vita migliore.
Dalle persone si deve ripartire, nella convinzione che l’unica economia che può crescere è quella basata sulle risorse umane.
Anche per questo Federmanager ha puntato sulla certificazione delle competenze manageriali, avviando un progetto che ha portato a individuare quattro profili di manager: innovation manager, temporary manager, export manager e manager di rete sono queste le figure che secondo Federmanager saranno indispensabili per le aziende industriali che vorranno essere competitive sui nuovi mercati. La certificazione dei 4 profili non solo è uno strumento riconosciuto per stabilire il benchmark a livello globale, ma è anche l’unico modo per far prevalere il merito.
La comunità manageriale è pronta a investire sui territori, sui giovani e sulle donne: è da qui che si origina un nuovo modello economico di impresa capace di reagire alla crisi. L’impegno è anche quello di trasformare le tante iniziative di innovazione sociale esistenti in vere e proprie imprese sociali, guidare i passaggi generazionali nelle PMI, per sostenere i progetti di autoimprenditorialità giovanile, per collaborare con i soggetti pubblici e privati all’investimento in favore delle idee più dirompenti.
Roma 31 Maggio 2016
Marcello Grotta